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Alt! Questa è la seconda parte di un articolo iniziato la settimana scorsa su tutte le balle sul consulente di marketing. Questo significa che, per non ritrovarti nel bel mezzo di una discussione di cui non conosci l’incipit, né i presupposti, dovrai cliccare qui per recuperare la prima parte.

Dovrei quindi poter dare per certo che tutte le persone che stanno leggendo queste righe abbiamo già letto la prima parte di questo discorsetto, ovvero le prime 7 delle 15 più diffuse balle sui consulenti. Ero convinto di riuscire a presentare tutti questi odiosi stereotipi in un unico pezzo, ma mi sono accorto che su questo argomento c’è parecchio da dire: siamo dunque qui per continuare con la nostra opera!

Bando alle ciance, quindi, e vediamo le altre 8 balle sui consulenti, iniziando da una balla che punta il dito sulla competizione esasperata.

 

8 – È un ambiente con una competizione sanguinosa

Il consulente non è un venditore di donuts, né un sarto, né un pizzaiolo. Non c’è quindi un prodotto concreto e palpabile da soppesare, assaggiare, misurare e fotografare che possa aiutare a capire qual è il consulente migliore e quale è quello peggiore. Ecco quindi che le capacità di un consulente vengono descritte a parole. Dal consulente stesso, certo, attraverso il suo sito web, i suoi social network, i suoi podcast e i suoi libri. Ma anche e soprattutto da chi si è trovato a lavorare con lui, dai collaboratori ai clienti.

Ma si sa, è difficile pesare le parole, con un tot di persone che parleranno bene di quel consulente e un altro tot che parleranno altrettanto bene di un altro. Si capisce quindi che, per svettare sopra agli altri competitor, la competizione possa diventare un po’ dura. Per quanto riguarda chi lavora nelle società di consulenza, con colleghi consulenti, vale un discorso simile: anche qui infatti si è portati spesso a rivaleggiare con gli altri, per aggiudicarsi i migliori clienti.

Tutto vero! Ma non vuol dire certo che questo sia un ambiente in cui si gira con il coltello tra i denti. Certo che no, si tratta di un lavoro in cui c’è sempre e comunque una grande competizione, ma in cui tutti i professionisti perseguono lo stesso obiettivo: lavorare meglio degli altri, assicurando al proprio cliente il migliore dei servizi possibili, per agguantare progetti importanti e interessanti.

Quindi sì, c’è una grande competizione. Ma c’è anche un “comune sentire”, una certa comunanza tra pari che hanno la stessa ambizione e passioni simili, pur con approcci differenti. Insomma, entrare nel campo della consulenza non vuol dire entrare nella gabbia dei leoni, né come indipendente né come dipendente!

 

9 – Il consulente non dice nulla di nuovo

Occhio, questa è una balla sui consulenti che mi fa arrabbiare un sacco. E mi fa arrabbiare in modo particolare perché probabilmente c’è un fondo di verità. Proprio così: esistono e sono esistiti effettivamente dei consulenti che, per incapacità o per furfanteria, hanno presentato ai loro clienti un servizio di consulenza pessimo. Lasciando da parte il fatto che un consulente che sbaglia uno, due o tre progetti uno dietro l’altro è un consulente destinato a restare senza clienti, c’è da sottolineare una cosa: chi ha avuto a che fare con dei professionisti di questo tipo può senz’altro avere un’opinione tutt’altro che positiva di chi si occupa di consulenza.

Ed è probabilmente proprio da questi clienti che è nata la leggenda secondo la quale il consulente sarebbe quel “professionista” che prima ti ruba l’orologio, e che poi ti dice che ora è. Sì, ci sono pochi consulenti al limite della criminalità che effettivamente si limitano a dire al cliente quello che conosce già, usando magari dei paroloni inglesi e dei grafici incomprensibili.

Ma parliamo di una fetta estremamente marginale di consulenti inetti, destinati uno dopo l’altro ad avere vita breve. Stare lontano da questi consulenti è semplice: è sufficiente rivolgersi a chi ha delle buone referenze, tutto qui. Il fatto stesso che un consulente, anno dopo anno, continui a offrire il proprio servizio, è già di per sé un elemento prezioso per capire che la sua consulenza è effettivamente utile. Un consulente che sbaglia un progetto dopo l’altro sparisce ben presto dai radar del mondo della consulenza!

 

10 – La vita sopra le righe

Ci sono consulenti che sfoggiano profili Instagram pieni di fotografie di voli, viaggi, ristoranti e via dicendo, e che talvolta danno a intendere di fare una vita degna di una rock star. E sì, è vero, ci sono certi consulenti che – pandemia sanitaria a parte – sono frequentemente in viaggio. E sì, ci sono anche dei consulenti che arrivano a un livello che permette loro di viaggiare in prima classe, di mangiare in ristoranti stellati, di partecipare a party esclusivi e via dicendo.

Nella maggior parte dei casi, però, la realtà dei fatti è diversa. Ci sono infatti consulenti che non viaggiano affatto, lavorando unicamente a livello locale. Il che per la maggior parte delle persone è senz’altro un bene: poter essere a casa tutte le sere, magari con la propria famiglia, è impagabile, soprattutto per chi ha passato anni a viaggiare a destra e a manca. E ci sono altri consulenti che sì, effettivamente viaggiano parecchio. Nella maggior parte dei casi si tratta però di viaggi che vedono la prima classe con il lumicino, che non hanno nulla a che vedere con la vita scatenata di una rock star.

 

11 – Diventare un consulente di successo non è difficile

Come abbiamo visto, c’è chi dice che tutti possono diventare consulenti. E c’è anche chi dice che, una volta diventati consulenti, raggiungere il successo non sia complicato. Le cose non stanno però così, e chi bazzica nel mondo della consulenza da qualche tempo lo sa molto bene. Per avere successo nella maggior parte dei casi è necessario parecchio tempo. Ma non è tutto qui.

É necessario avere competenze di primo livello, e aggiornarsi di continuo. E questa è solo la base. Bisogna avere un mindset orientato al successo, alla crescita ininterrotta e al miglioramento, e bisogna essere in grado di costruire delle strategie a lungo termine.

E ancora, è necessario essere in grado di presentare in modo efficace il proprio brand, di gestire lo stress, di proporre tariffe idonee, di individuare i collaboratori giusti, di anticipare i tempi… no, diventare un consulente di successo non è affatto un gioco da ragazzi.

 

12 – Essere sui social media è un obbligo

Un consulente deve essere sui social media. É un obbligo? No, non lo è. Ci sono consulenti che non sono sui social media, e che hanno comunque un giro di clienti interessante. Certo, per un consulente di marketing non essere sui social, né su LinkedIn né su Facebook, può essere qualcosa di molto vicino a un gesto da kamikaze. Ma non per forza.

Per altri tipi di consulente, da quello finanziario in poi, i social media possono essere qualcosa che – con la strategia giusta, s’intende – può essere lasciato alla spalle. L’importante è infatti avere un giro di clienti in grado di alimentarsi senza passare per Facebook, LinkedIn e Twitter, e soprattutto essere comunque raggiungibili e visibili.

Il telefono, l’indirizzo e-mail, il sito web, il blog, il podcast, i video, i libri, le conferenze: ci sono tanti altri modi per comunicare, e anzi, la scelta dei canali utilizzati aiuta a creare un brand unico.

I social media sono utili, anzi, sono preziosi, certe ma non sono e non saranno mai indispensabili.

 

13 – Più leads, più successo

Un consulente di marketing dovrebbe saperlo molto bene. Ma si sa, certe volte è difficile seguire quello che noi stessi diciamo ai nostri clienti. Non conta la quantità dei leads, conta la loro qualità: avere una lista lunghissima di potenziali clienti che non riusciremo mai a convertire in clienti veri e propri è del tutto inutile.

Chi crede all’associazione diretta tra leads e successo sprecherà tempo, energie e risorse. Molto meglio identificare in modo efficace il proprio cliente ideale e creare una strategia scientifica per il proprio processo di lead generation.

 

14 – Per guadagnare di più è necessario lavorare di più

Nel mondo dei consulenti-imprenditori, questa è un’associazione estremamente diffusa, a livello consapevole e inconsapevole. Ma le cose non stanno così: oltre un certo limite, infatti, lavorare di più non porta necessariamente a guadagni maggiori. Anzi, chi dedica troppe ore al lavoro può finire per non avere più tempo libero per il riposo o per gli hobby, così da non riuscire più, ad avere una mente fresca e ricettiva.

E ancora, concentrarsi a capofitto nei propri progetti senza pensare alla promozione del proprio brand può portare a un vuoto di clienti nell’immediato futuro. E che dire dell’assenza di aggiornamento delle competenze? Ecco quindi che lavorare di più non è la soluzione per guadagnare di più, perlomeno non sul lungo termine.

Molto meglio puntare a progetti di qualità, nonché offrire il migliore dei servizi di consulenza, così da poter alzare le proprie tariffe.

 

15 – Il consulente lavora da solo

Il consulente non è un pistolero solitario che vaga per il Far West. Ci sono progetti che richiedono il lavoro di più professionisti, di diversi profili. Ma non è tutto qui: arriva un punto in cui, per poter accettare nuovi clienti e nuovi lavori, si rende indispensabile affiancarsi a dei collaboratori, imparando così a delegare.

E sì, certo, delegare non è facile, perché è difficile fidarsi degli altri al punto da affidare loro quello che prima eravamo abituati a fare noi. Ma pensaci un po’: avrai sempre due sole mani, un solo cervello, e 7 giorni alla settimana. Arriva un punto in cui crescere di più, senza un aiuto, diventa semplicemente impossibile!

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