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Qualche settimana fa, parlando di strategia e strumenti di pianificazione, ho posto l’attenzione su come il ruolo del consulente marketing trovi le sue basi teoriche in una disciplina ampia e strutturata: il marketing. Questa è, ovviamente, una cosa che non riguarda solo il nostro lavoro, poiché include, di fatto, tutte le figure professionali in ambito digitale: siamo debitori di approcci, metodi e strumenti provenienti da quella grande branca dell’economia nata intorno agli anni 50 del secolo scorso e diffusasi, ampiamente, solo a partire dagli anni 90 in poi.

In questi quasi 70 anni il marketing non è rimasto identico a se stesso, recependo cambiamenti sociali e stimoli dal mondo circostante. Dai primi anni, quelli immediatamente successivi alle due guerre mondiali, fatti di comunicazione verticale e prodotti uniformi, si è arrivati a quelli in cui i consumatori sono i veri protagonisti, diventando prosumer, ovvero partecipando attivamente alla creazione di valore insieme alle aziende. E la faccenda, col tempo, è andata sempre più complicandosi.

Se nell’epoca dell’uscita dai due conflitti mondiali, i consumatori, ritrovata la voglia di vivere e l’ottimismo, si riconoscevano in bisogni e prodotti individuati dalle aziende, col passare del tempo, il loro ruolo si è evoluto in modo da influenzare gli stessi processi produttivi.

Stop quindi a prodotti uniformi, benvenuti quelli specifici. Prodotti in grado di comunicare storie, di emozionare, puntando non più a masse indistinte di consumatori, ma a segmenti specifici del mercato.

Nel mondo, come nel marketing, tutto cambia velocemente e, oggi, assistiamo a una nuova evoluzione. Nei mercati virtuali la parola d’ordine è conversazioni. Sono quelle che ci scambiamo ogni giorno attraverso i canali virtuali. Quelle in cui raccontiamo di un prodotto che ci è davvero piaciuto o di quello che ha deluso le nostre aspettative. Non ci fidiamo più di quello che ci raccontano le aziende, siamo noi consumatori i protagonisti e vogliamo che le nostre scelte d’acquisto siano influenzate dalle parole di altri simili a noi.

Probabilmente, se mastichi un pò di marketing, hai sentito parlare del marketing mix. L’idea per cui 4 variabili, prodotto, distribuzione (place), prezzo e promozione, s’influenzino tra loro essendo interconnesse e interdipendenti, ha rappresentato uno dei fondamenti, il concetto più popolare, quello in grado di superare i confini accademici, raggiungendo anche gli appassionati e i non addetti ai lavori.

Il modello originario formato dalle 4 P, è stato più volte rivisto, allargato nel caso dei servizi, arrivando fino a 7 elementi (con l’aggiunta di persone, parte tangibile e processo). Oppure, ancora, le 4 P sono state trasformate in 4 C e allora si è parlato di costumer need, cost to the consumer, convenience e communication.

Insomma, nonostante tutte queste revisioni, il prezzo è rimasto la variabile fondamentale, quella su cui si giocano la loro validità strategie e progetti commerciali. Il prezzo rappresenta una leva endogena, stabilita internamente all’azienda, eppure la sua scelta non può e non deve essere svincolata dall’ambiente esterno.

Perché? È presto spiegato.

Il prezzo non deriva solo dalla somma di costi variabili e fissi sostenuti dall’azienda, cui la stessa aggiunge una quota di ricavi desiderati. Il prezzo è il risultato della relazione tra l’azienda e il mercato.

Ogni scelta dell’azienda, nella determinazione della variabile prezzo, avrà conseguenze precise sul suo business. Il modo in cui i consumatori accolgono il prezzo di un prodotto, non è solo un dato economico, si poggia anche su tante considerazioni di tipo psicologico. In altre parole, un prezzo davvero basso non è la riposta per vendere tanto, soprattutto poiché questo rischia di far percepire il prodotto come di scarsa qualità.

L’azienda che cerca di posizionarsi in questo modo, per averne un vantaggio economico, è tenuta, poi, a produrre grossi quantitativi di merce: come la mettiamo, allora, con le economie di scala?

All’esatto opposto, c’è il tentativo di posizionarsi mediante una strategia di scrematura: l’azienda esce sul mercato fissando un prezzo alto per il suo prodotto, uno che selezioni – scremi, appunto – il pubblico, limitando, quindi, il numero iniziale degli acquirenti (è quello che si fa con le novità tecnologiche, ad esempio).

Le politiche di prezzo non si fermano a queste considerazioni. Altre molto importanti riguardano il ciclo di vita del prodotto, la cui domanda non rimane invariata nel tempo, essendo soggetto a diverse fasi:

• introduzione;

• crescita;

• maturità;

• declino.

Tutte queste considerazioni partono da un assunto comune: fissare un prezzo di vendita, non è per nulla una libera scelta dall’azienda. La sua autonomia è vincolata a tutta una serie di considerazioni e calcoli fatti a monte, anche perché, il monopolio, non esiste più. Né per le aziende produttrici e tantomeno per quelle che si occupano della distribuzione.

In un mondo connesso, in cui le persone parlano e condividono le loro esperienze, in cui la comunicazione è diretta e le relazioni son divenute orizzontali, questo assume una rilevanza ancor maggiore.

La possibilità di vagare da un negozio – virtuale – all’altro, oggi, è garantita da pochi semplici click e, laddove questa risultasse una cosa ancora troppo impegnativa, c’è Google Shopping con gli ads sponsorizzati a attirare l’attenzione e rendere semplice l’acquisto, c’è Amazon divenuto in pochi anni “la” piattaforma principale per gli acquisti, etc. Insomma, non ci sono strategie e strumenti che tengano, che siano utili a persuadere un acquirente a pagare un bene a un costo superiore di quello fissato dalla concorrenza.

Per tutti i prodotti semplici (articoli sportivi, ma anche cellulari e piccoli elettrodomestici) per i quali si utilizza un canale di vendita diretto, non servono utenti qualificati, leads “caldi”, in attesa di trasformarsi in clienti. Occorrono prezzi giusti e competitivi. Solo così, il prezzo diventerà una leva con cui il consulente di web marketing potrà sollevare non il mondo, ma il ROI.

E tu, che ne pensi dell’efficacia del prezzo come leva per il business?

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