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Caro consulente marketing, nelle settimane scorse ho parlato di Customer Retention, ovvero della capacità delle aziende di mantenere tali i propri clienti per tanto, tantissimo tempo, senza dover spendere continuamente risorse ed energie per attirare nuovi clienti. Certo, qualsiasi azienda deve puntare ad allargare i propri orizzonti, ma è altrettanto vero – e l’abbiamo visto negli altri post dedicati al tema – che il profitto nasce più facilmente e con investimenti minori proprio dai ‘vecchi’ clienti. Cerchiamo di guardare questo aspetto in maggiore profondità: tutte le tecniche di Customer Retention che abbiamo visto servono per aumentare la soddisfazione dei clienti, che di conseguenza scelgono di continuare il proprio rapporto con quella determinata azienda. È dunque un questione di preferenza, o meglio, di brand loyalty: maggiore è l’attaccamento di un cliente a un’impresa oppure a un marchio, insomma, più alto è il grado di brand loyalty sul quale quel rapporto può contare.

I miei clienti fedeli

Io, per esempio, ho dei clienti fedeli che si avvalgono della mia consulenza da tanti anni, e probabilmente quelle durature collaborazioni dureranno ancora per molto, moltissimo tempo. Pensi forse che questo sia dovuto al messaggio salvifico e profetico intrinsecamente espresso dalla mia barba? No – o meglio, non solo. Quei miei clienti rimangono tali perché sono soddisfatti dei miei servizi. E ancora, non è tutto qui. I clienti sanno che la mia consulenza è superiore alle alternative offerte dal mercato, e lo sanno perché le hanno provate in passato, o magari solo perché ne hanno sentito parlare. Ma questo non è ancora sufficiente a giustificare questo attaccamento, in quanto da qualche parte ci sarà sempre un consulente che, in un modo o nell’altro, è più bravo di me a fare qualcosa. Magari ha la barba più lunga, magari riesce a mangiare più sushi… le possibilità sono infinite. Ma allora perché posso contare senza ombra di dubbio e senza preoccupazioni su un nutrito gruppo di clienti fedelissimi? Io lo so. Lo sapevo anche all’inizio del paragrafo, ma volevo fartela sudare.

Posso contare su tanti clienti fedeli non solo perché sono molto bravo in quello che faccio. Tale fiducia mi è accordata anche perché quei clienti sono coinvolti nel mio personalissimo brand. Ecco, questo è il grado più alto di brand loyalty al quale si può puntare.

Ma come si costruisce una brand loyalty così ferrea? Dove sta il trucco?

Qualcuno potrebbe provare a dirti che la fiducia continua dei clienti nasce dalla costruzione di una relazione continua e ininterrotta tra il brand e il suo pubblico. Sull’onda di questa suggestione, la stessa persona potrebbe perfino dirti che, per aumentare la brand loyalty dei tuoi clienti, dovresti assolutamente incrementare le interazioni – a prescindere dal tuo attuale piano di comunicazione. Ecco, se qualcuno ti ha fatto un discorso del genere, toglili il saluto per una settimana, o magari due. O almeno evita di offrirgli il caffè la prossima volta che lo vedi.

Sai perché? Perché i tuoi potenziali clienti sono umani, come te e me, con i loro scazzi e le loro paturnie, con i loro interessi, eccetera eccetera. Non sono delle strane piante che vanno irrigate a forza con messaggi pubblicitari, post sui social e newsletter a valanga fino al loro acquisto. Col cavolo! Una ricerca pubblicata sulla Harvard Business Review – nientepopodimeno – ha dimostrato che il mito secondo il quale i clienti esigono una relazione con i brand è per l’appunto un mito: il 77% degli utenti non vuole alcun tipo di rapporto. Non solo: nello stesso studio si spiega che il tuo pubblico può soffrire seriamente di un sovraccarico di informazioni da parte della tua azienda. E questo è solo uno dei tantissimi motivi che mi spingono a insultare cordialmente tutti quelli che si ostinano a vendere alle aziende post un tanto al chilo! Certo, la comunicazione è importante, ma sempre e solo se è una comunicazione utile, di qualità, motivata e realizzata ad hoc. Il resto sono fregnacce.

Il trucco per aumentare il livello di brand loyalty

Ma allora, cos’è che può far incrementare il livello di brand loyalty? Semplice: la condivisione di valori. Non stiamo parlando di buoni sconto, né di bombardamenti pubblicitari. Parliamo di visioni del mondo, di una certa filosofia, di un’opinione su un determinato tema, di una posizione di fronte a una problematica più o meno scottante. E non lo dico solo io: lo stesso studio di cui prima ha infatti dimostrato che il 64% delle persone intervistate che dichiarano di avere un rapporto di fiducia con un brand giustifica questo comportamento in base a dei valori condivisi da e con quello stesso marchio.

Quindi sì, devi vendere dei prodotti e dei servizi di qualità. Sì, devi darti da fare per continuare a promuovere la tua attività anche a beneficio degli utenti che sono già tuoi clienti. Ma per far sì che la loro preferenza resti sempre tale dovresti anche condividere dei valori che rafforzino quel rapporto – e senza forzature! Vuoi un esempio? Bene: la nota azienda calzaturiera Toms è diventata tale offrendo un paio di scarpe a un bambino bisognoso per ogni paio di Toms classiche vendute. Ecco, questo si chiama condividere dei valori i propri clienti.

Non solo valori… anche nemici!

Ma la brand loyalty non si costruisce ovviamente solo con la beneficenza! No: è importante che tu prenda una posizione su una problematica che coinvolge o interessa i tuoi stessi utenti. E non deve essere per forza un ideale nobile. Anzi, ci sono marchi che hanno costruito mattone dopo mattone la fedeltà dei propri clienti facendo tutt’altro, screditando il proprio concorrente più diretto. Hai presente la strategia della Apple per creare una solida brand loyalty? Ebbene, la sua mossa è stata quella di trasformare un competitor – la IBM – in un nemico. Impossibile dimenticare lo spot televisivo del 1984 che, riferendosi palesemente al romanzo distopico di George Orwell, mostrava un mondo dominato da un Grande Fratello (sì, in questo caso l’IBM) che distorceva la mente di un pubblico apatico e appiattito. A salvare tutti arrivava ovviamente un’eroina bionda con tanto di martello (il Macintosh) a sottolineare non proprio sottilmente che «il 24 gennaio, Apple Computer presenterà il Macintosh. E vedrete perché il 1984 non sarà come ‘1984’».

Sappiamo tutti come è andata a finire quella storia: la Apple vanta uno dei pubblici più fedeli a livello globale. Dei neuroscienziati – sì, ultimamente ho provato a interessarmi anche al neuromarketing – hanno persino dimostrato che, quando i clienti di Apple pensano al loro marchio preferito, nella loro mente si illuminano le stesse aree che solitamente si attivano quando si parla di religione.

Conclusione

Tranquillo, non ti sto dicendo che per alzare il livello di fiducia dei tuoi clienti devi fare una quantità enorme di beneficenza, e nemmeno che devi sfidare il tuo diretto concorrente a un duello all’ultimo sangue – leggi: all’ultimo cliente. No: quello che devi fare è assumere più o meno umilmente una posizione riguardo una determinata problematica. Io, per esempio, potrei fare una crociata contro i social media marketer che vendono post un tanto al chilo – e sì, farlo mi piacerebbe pure un sacco, ma avrei il timore di lasciare sul campo avversario fin troppe vittime. Se fossi un pizzaiolo, sarei tentato di muovere una guerra contro tutti i competitor che hanno inserito nel menù una pizza con l’ananas. Capito?

Individua un problema che interessa te e interessa anche i tuoi clienti, fai sapere loro la tua opinione e muoviti in tal senso. Occhio però a non esagerare: non farla diventare una questione personale, e non continuare a ripetere questa tua posizione trasformandoti in un disco rotto. Insomma, condividi in modo naturale i tuoi valori, fai gruppo con i tuoi clienti, e vedrai che la tua brand loyalty crescerà a vista d’occhio!

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