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Per quale motivo persone e imprese si rivolgono a dei consulenti? Semplice: per poter avere un consiglio esperto in un determinato campo. Nel caso dei consulenti di marketing, le necessità del cliente saranno inerenti, ad esempio, alla promozione della propria impresa, del proprio brand, dei propri prodotti e dei propri servizi, col fine ultimo di aumentare il guadagno. Attraverso l’aumento dei clienti, attraverso l’incremento delle vendite, attraverso la fidelizzazione e via dicendo.

Ma come fa un consulente di marketing a fare tutto questo? Non ha certo la bacchetta magica. Io, perlomeno, non ce l’ho (di mago Merlino, però, ho la barba. E aiuta, te lo assicuro). Qual è quindi il potere dei consulenti di marketing? Qual è il valore che possono offrire al cliente? Semplice: informazioni. E, in un mondo in cui non c’è nulla che vale più dei dati, non è assolutamente poco.

É grazie alla sua conoscenza, alle informazioni in suo possesso, che il consulente di marketing può effettuare la sua analisi e dare i consigli giusti per migliorare la situazione del cliente, strutturando poi tali consigli in strategie precise da seguire nel tempo, fornendo in seconda battuta il supporto necessario per l’implementazione vera e propria dei progetti.

Ma attenzione. Abbiamo visto cosa fa un consulente, ma non perché, nel concreto, le imprese e le persone decidono di rivolgersi a lui. Hanno bisogno di informazioni, di consigli e di strategie per risolvere un problema. Proprio così: se non ci fossero problemi grandi o piccoli, non esisterebbero i consulenti. E di certo nel mondo del marketing i problemi non serve andare a cercarli con il lumino. La natura stessa del marketing, in un mercato che vive sulla sana competizione tra le varie aziende, poggia sui problemi che le aziende incontrano giorno dopo giorno per guadagnare terreno rispetto ai competitors, o per lo meno per non perderlo.

Che cos’è un problema? Il termine arriva dal latino “problema”, ovvero “questione proposta”, che a sua volta arriva da un termine greco che significava in origine “mettere avanti”. Il vocabolario Treccani ci dice che è un problema “Ogni quesito di cui si richieda ad altri o a sé stessi la soluzione, partendo di solito da elementi noti”. Ci sono milioni di problemi diversi, da risolvere attraverso procedimenti di natura differente, da quelli matematici a quelli logici, da quelli pratici a quelli tecnici, e via dicendo. Viviamo accompagnati dai problemi più diversi, che ci ostacolano e che ci frenano. Eppure, a pensarci bene, sono da sempre proprio i problemi a permetterci di crescere, di migliorare.

Ma attenzione, di nuovo. Affinché questo – la crescita – sia possibile è necessario prima di tutto riconoscere l’esistenza di un problema. C’è chi non riconosce un problema perché non lo vede: pensiamo per esempio a quell’azienda che non si accorge affatto dell’arrivo rapido alle spalle di un nuovo giovane concorrente che nel giro di pochi anni sarà in grado di fare piazza pulita dei suoi concorrenti. Ma c’è anche – e soprattutto – chi non riconosce un problema perché lo confonde con un altro. E questo è un caso decisamente frequente. Ci sono tantissime imprese che richiedono l’aiuto di un consulente di marketing per risolvere un problema, un problema molto preciso, che poi al momento dell’analisi si rivela per essere un non problema.

E di certo partire a razzo per risolvere un problema che in realtà non arreca danni all’azienda – o che ne arreca pochi – trascurando invece il problema vero sarebbe un vero dramma. Pensa a un dottore che si impegna al 100% per curare una piccola escoriazione sul dito di un paziente quando questo in realtà presenta tutti i sintomi tipici di un infarto!

Ecco quindi che il primo, vero, grande compito del consulente di marketing è quello di capire qual è il vero problema del nuovo cliente. Pensiamo per esempio a un consulente di marketing che viene contattato dal gestore di un e-commerce che lamenta un tasso bassissimo di conversioni in seguito alle proprie campagne di e-mail marketing. Come è possibile spendere centinaia o persino migliaia di euro in campagne via e-mail per non vedere aumentare nemmeno di una virgola le vendite? Ecco allora che il cliente contatta il consulente, così da poter capire se il problema sta nello strumento usato per le campagne di e-mail marketing, nel copy o in chissà che cos’altro.

Un consulente alle prime armi potrebbe fidarsi ciecamente delle parole del cliente, senza indagare oltre, costruendo quindi una strategia che poggia su un altro tipo di copy, su un altro strumento, su altre tempistiche per l’invio delle e-mail promozionali, su altre grafiche.

Il consulente più rodato, invece, prenderebbe le parole del cliente con le pinze, e cercherebbe di capire più in profondità il problema, anzi, di verificare se effettivamente il vero problema è quello presentato dal cliente. Dapprima quindi bisognerebbe aprire per bene le orecchie e porre le domande giuste: perché secondo il cliente il vero problema è quello? Quali altri cambiamenti sono stati fatti negli ultimi mesi? Perché quelle e-mail dovrebbero ottenere risultati migliori? Qual è stato il cambiamento dopo l’avvio delle campagne di e-mail marketing?

Il passo successivo dovrebbe poi essere quello di esaminare nel dettaglio gli strumenti usati dal cliente fino a quel momento, e le modalità di utilizzo. Si potrebbe così scoprire che in realtà il problema non sta affatto nelle e-mail promozionali, quanto invece nell’inadeguatezza delle pagine di atterraggio, nell’errata composizione del pubblico, nella bassissima usabilità del portale di vendita e via dicendo.

Quindi sì, compito del consulente è risolvere i problemi, non prima però di aver individuato in modo specifico e con certezza quali sono i veri problemi del cliente. Una volta identificati i principali ostacoli da superare, è bene capire come muoversi per farlo.

Il consulente di marketing, in questo senso, dovrebbe sempre vantare ottime doti in fatto di problem solving. E sì, non ci sono davvero dubbi: negli ultimi anni si è fatto certamente un uso sconsiderato di questo termine, diventato di conseguenza sempre più astratto. più etereo, più fuffa insomma. Per riportare il discorso su un piano più concreto, voglio quindi ricordare a tutti i consulenti e agli aspiranti tali che quando si parla di problem solving non ci si riferisce unicamente a un’attitudine innata, ma anche – e da un certo punto di vista soprattutto – a delle tecniche precise da applicare per risolvere le più diverse problematiche.

E vista l’abbondanza di problemi che ogni giorno l’umanità è chiamata a risolvere – dal biscotto che si sbriciola nella tazza del latte caldo alla pandemia sanitaria globale – non stupisce il fatto che esistano tante diverse tecniche di problem solving, sviluppate una dopo l’altra nel corso dei secoli e dei decenni.

La maggior parte di queste tecniche, in ogni caso, parte sempre dall’identificazione del problema. La tecnica del PSS, ovvero del Problem Solving Strategico, parte dall’individuazione del problema, per poi passare alla formulazione dell’obiettivo, alla valutazione delle eventuali soluzioni tentate e fallite, alla valutazione di eventuali azioni peggiorative. A questo punto tale tecnica prescrive di ipotizzare lo scenario che si avrebbe con la soluzione del problema, proponendo di individuare la soluzione procedendo a ritroso da questo scenario.

Altra tecnica famosa è la PDCA, ovvero Plan Do Check Act, che prevede per l’appunto una pianificazione, una fase di prova, una fase di verifica e infine una fase di azione. C’è poi la tecnica di problem solving FARE, che prevede di Focalizzare (definendo il problema), di Analizzare (raccogliendo e determinando i fattori principali), di Risolvere (di generare soluzioni alternative per poi selezionare l’ipotesi vincente e costruire un piano) e infine di Eseguire.

Di tecniche da adottare per risolvere efficacemente i problemi ce ne sono tante, e ti consiglio davvero di studiarne qualcuna: il lavoro di consulente, come abbiamo visto, è prima di tutto – prima di tutto il resto – proprio questo!

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