Il canale Telegram ufficiale di Alessandro Mazzù

Gli anni d’oro del podcast. Non ci sono dubbi: negli ultimi 5 anni gli ascoltatori di podcast sono cresciuti oltre ogni aspettativa. E ovviamente, con il numero dei consumatori di podcast, è cresciuto anche il numero di podcaster. Per tanti motivi diversi: tanti ascoltatori hanno imparato ad amare questo mezzo di comunicazione tanto da volerne diventare protagonisti creando una propria produzione, altri hanno deciso di avviare un proprio podcast per dare voce a una propria passione, e altri ancora hanno puntato sul podcast per rendere più potente e strutturata la propria strategia di personal branding. Per non parlare poi di tutte quelle imprese già attive nel mondo della comunicazione che hanno voluto aggiungere anche questo mezzo alla propria offerta: parlo di quotidiani, di emittenti televisive, di format e di altri protagonisti del mondo dell’informazione.

C’è però qualche segnale che potrebbe essere interpretato come un’interruzione della crescita di questo fenomeno. Una ricerca di Edison Research resa nota da Bloomberg ha dimostrato come per la prima volta, a partire dal 2017, nel 2022 il numero di ascoltatori settimanali di podcast sia diminuito. Nel 2017 si parlava di circa 40 milioni di ascoltatori, nel 2019 si era a quota 60 milioni, nel 2021 si era sfiorata quota 80 milioni. Ebbene, nel 2022 sembra concretizzarsi un passo indietro. Colpa dell’uscita (si spera) dall’emergenza sanitaria? Difficile dirlo. La matematica non è però un’opinione, dicono.

E c’è allora chi parla di un mercato saturo. È un’informazione importante per tutti quelli che stanno gestendo dei podcast, come per chi sta pensando di lanciarne uno nuovo, per non parlare di tutti quei business che hanno deciso di puntare sui podcast come strumento per promuovere il proprio brand diventando sponsor di podcaster più o meno famosi. Il fatto che il numero di ascoltatori si stia stabilizzando – o persino leggermente diminuendo – vuol dire forse che non ci sia più spazio per nuovi podcast di successo?

Una cosa è certa: lì fuori ci sono dei podcast che stanno facendo la parte dei leoni, e che a tutti gli altri lasciano solo le briciole. La ricerca Edison dice che negli USA il 38% delle persone ha ascoltato almeno un podcast nell’ultimo mese, e che il 26% lo ha fatto nell’ultima settimana. Di più: il 50% delle persone tra i 12 e i 34 anni è un ascoltatore di podcast, almeno una volta la mese. L’ascoltatore medio di podcast, sempre negli States, ha ascoltato 8 episodi nell’ultima settimana. Di certo non è la fotografia di un settore in crisi. Però il calo – provvisorio o meno – è un dato di fatto.

Ed è un dato di fatto anche che, sempre stando ai numeri pubblicati da Edison, il podcast più ascoltato fa 11 milioni di ascoltatori in media per episodio. Parliamo del podcast di Joe Rogan, re incontrastato di questo settore. Il secondo classificato non riesce a raggiungere nemmeno il 50% della audience del primo classificato, mentre il decimo in classifica si ferma solamente al 12% degli ascoltatori di Rogan. Di fatto, la top ten dei podcast risucchia il 33% degli ascoltatori, la top 100 il 59% degli ascoltatori. Si capisce che ai piccoli produttori resta poca roba, in un grafico cartesiano che presenta una coda lunghissima di ascoltatori, spalmati su podcast con audience estremamente più ridotte rispetto a quelle vantate dalla top ten.

 

In un contesto del genere vale la pena avviare una nuova produzione puntando al successo? E come fare per emergere in un mercato di questo tipo?

 

Una cosa è certa: nonostante lo stabilizzarsi dei numeri negli ultimi mesi, vi è la sicurezza che il mondo della fruizione dell’informazione è mutato in modo incontrovertibile. Si fa sempre più fatica ad arrivare in fondo a un articolo scritto, quando invece siamo del tutto abituati ad ascoltare episodi di podcast da 20, 30 o più minuti, senza peraltro fare fatica. È l’epoca del multitasking, e il podcast in questa situazione la fa da padrone. In uno scenario di questo tipo, è difficile pensare a un altro mezzo che, a fronte di una spesa così ridotta, ci permetta di parlare alla nostra audience per una buona mezzora, con buone probabilità di trascinare il nostro pubblico fino in fondo al nostro discorso. E proprio per la sua natura, il podcast continua a confermarsi imbattibile sul fronte del brand building.

Già da questi presupposti si capisce che sì, nonostante un’apparente saturazione del mercato, conviene ancora mettersi alla prova con la creazione di un podcast. È però necessario sapere fin da subito che emergere non sarà facile, e anzi che il successo è un’ipotesi concreta per pochi podcaster.

E qui bisogna fare due riflessioni. Prima di tutto, è bene sapere che sono ben pochi i podcaster che devono davvero puntare a fare milioni di ascoltatori. Nella maggior parte dei casi l’obiettivo concreto da raggiungere è quello di creare una piccola ma fedele nicchia di ascoltatori, un’audience cioè che possa condividere davvero i valori del podcast di episodio in episodio. Un professionista che vuole affermarsi come punto di riferimento in un determinato settore non ha bisogno di pubblici oceanici: ha bisogno invece di un pubblico di potenziali clienti, di persone disposte a parlare di lui nei momenti che contano, che abbiano sufficiente interesse per leggere le sue newsletter, per comprare i suoi libri, per partecipare ai suoi eventi, e via dicendo.

In secondo luogo, va detto che se il mercato è saturo, il punto di partenza è sempre e solo uno: presentarsi come qualcosa di diverso. Un’altra voce, un altro stile, un altro modo di affrontare un tema. Di certo chi propone un podcast che ripete quanto già fatto da altri non ha alcuna possibilità. Ma chi propone qualcosa di nuovo e realmente utile può approfittare di un pubblico abituato a dedicare qualche ora del proprio tempo all’ascolto di podcast, che è già portato a tornare settimanalmente ad ascoltare degli episodi registrati da uno dei suoi podcaster preferiti.

Certo, il mercato sembra saturo perché è già stato fatto tanto, e perché la soglia d’ingresso per il mondo del podcasting è piazzata piuttosto in basso: bastano un microfono e un computer, o persino unicamente uno smartphone, per lanciare il proprio podcast. Ma c’è ancora spazio per chi ha qualcosa di nuovo da dire, e che è disposto a spendere energie in una buona strategia ancora prima di iniziare a registrare il primissimo episodio.

Share This