Il canale Telegram ufficiale di Alessandro Mazzù

Tutto ha un limite. O meglio, dovrebbe. Anche quelle cose che di per sé sono assolutamente positive, quando sono “troppe”, finiscono per diventare negative. Pensiamo per esempio al lavoro: una persona che lavora tanto viene vista positivamente, perché è una persona che si guadagna il pane quotidiano, che mette passione nella propria professione e che proprio attraverso di essa punta a migliorarsi. Ma oltre un certo limite si parla di lavoro eccessivo, e quindi dell’annullamento del tempo libero, della pericolosa riduzione del riposo, e via dicendo. Ed è così per tutto: troppo zucchero fa venire le carie, troppi soldi fanno perdere la testa, troppe vacanze rendono il rientro terribile. E il bello è che certe volte ci si impegna un sacco proprio per alzare l’asticella, per aumentare la quantità di qualcosa, per rendersi conto solo successivamente che si è andati oltre il limite, portando a tutta una serie di effetti collaterali e negativi. Pensiamo all’atleta che si allena troppo duramente, e che arriva stremato al match decisivo. O pensiamo alla località turistica che spende e spande per promuoversi, per richiamare visitatori, per arrivare poi a una condizione di assedio tale da snaturare la località stessa, così da vendere in realtà un’esperienza terribile ai turisti. In quel caso si parla per l’appunto di “over tourism”.

E quella non è l’unica etichetta “over” che è stata coniata negli ultimi anni. Perché noi umani siamo spesso portati all’esagerazione. Anche, per l’appunto, in attività che di per sé sarebbero assolutamente positive, vantaggiose, efficaci, come il personal branding: tutto va bene fino a un certo punto, fino a che si esagera, spostandosi pericolosamente verso l’over branding.

Questa potrebbe essere una sorpresa, perché il problema che tutti conosciamo è quello degli imprenditori, dei professionisti e dei consulenti che si sforzano fin troppo poco per lavorare al proprio personal branding, e che sembrano non voler fare nulla per migliorare il proprio marchio personale. Con tutte le conseguenze del caso: pochi clienti, progetti piccoli, soddisfazione ai minimi storici, guadagni appena appena al di sopra della sufficienza. Dall’altra parte c’è un ristretto gruppo di persone che ha preso invece la tangente, e che sta esagerando con la promozione della propria figura, con degli effetti potenzialmente dannosi.

Ma come capire quando si sta facendo dell’over branding, quando si sta superando il limite? Forse conosci in modo diretto o indiretto un consulente o un imprenditore che ha già preso questa brutta china. Esagerare in questa attività non vuol dire di per sé dedicare troppe ore alla propria strategia di personal branding, quanto invece portare all’estremo i principi stessi di questa attività.

In che modo? Sappiamo che, semplificando al massimo, fare personal branding significa promuovere al meglio la propria immagine, a partire dai propri punti di forza, per presentare così un marchio efficace, riconoscibile e memorabile, per diventare un punto di riferimento per la propria nicchia.

Ecco che allora, seguendo pedissequamente questo presupposto, c’è chi continua a battere sullo stesso tasto: io sono forte, io sono forte, io sono forte, io sono… Ma questa è un’interpretazione perversa del personal branding! Il tuo pubblico non vuole sentirti dire che sei forte. Il tuo pubblico vuole avere informazioni, vuole avere i dati necessari per “capire” che tu sei forte. La differenza potrebbe sembrare sottilissima. Ma non lo è.

Non devi dire che sei forte, bello, bravo, veloce. Devi farlo capire, devi dimostrarlo: il tuo obiettivo è fare in modo che siano gli altri a dirlo per te. Ecco che allora non è postando 10 post al giorno su Facebook tessendo le proprie lodi e incensandosi il capo che si fa personal branding. Lo si fa piuttosto con un calendario editoriale disteso, sostenibile e sensato, attraverso il quale dare contenuti di qualità al proprio pubblico: spunti, prove, testimonianze, pensieri, capaci di interessare, attirare e convincere chi fa parte della tua nicchia.

Il mio consiglio è quindi quello di andare a dare un’occhiata alla tua pagina su Facebook, al tuo blog personale, al tuo account LinkedIn: quale strategia stai usando e hai usato per promuovere il tuo brand personale? Ti sei forse spinto troppo in là, nella convinzione che a contare sia la quantità di contenuti in luogo della loro qualità e della loro efficacia? Hai forse premuto troppo l’acceleratore sull’autopromozione fine a sé stessa?

Pensaci un po’: sei sicuramente ancora in tempo per un cambio di rotta, per urlare meno e dire di più!

Share This