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Caro consulente marketing, oggi voglio partire da una storia. Negli anni Cinquanta c’era una famosa serie tv statunitense, peraltro basata su una serie radiofonica ancora più vecchia, andata in onda negli anni Trenta. La trama era molto semplice: un Texas Ranger, dopo essere scampato a un agguato, decide di mettersi una mascherina alla Zorro e di iniziare a difendere i più deboli nel vecchio West: ogni puntata, una nuova avventura. La serie si intitolava “Il Cavaliere Solitario”, in inglese “The Lone Ranger”. E di certo il protagonista sceglie di diventare un cavaliere solitario, uno contro tutti – o quasi – in una circostanza del tutto particolare. Era creduto morto e i suoi amici – e suo fratello – erano stati uccisi nell’agguato. Del resto non si tratta di una decisione da prendere alla leggera.

Ecco, chi arriva su questo articolo probabilmente non ha nessuna intenzione di diventare un cowboy solitario e mascherato che se ne va in giro per il Texas alla ricerca dei cattivi. Ma potrebbe forse aver accarezzato l’idea di diventare un consulente solitario, lasciando il proprio lavoro all’interno di un’azienda per diventare un lavoratore autonomo. Parlo allora a te: sei sicuro/a di poter diventare un consulente solitario? Non ti serviranno mascherine, pistole né cavalli, ma ci sono comunque dei requisiti da prendere in considerazione prima di fare questo importante passo.

Non voglio certo romperti le uova del paniere, non voglio scatenare una crisi professionale o d’identità, ma è assolutamente vero che non tutti sono tagliati per un lavoro e una carriera di questo tipo. Chi non ha le carte in regola per diventare un consulente e allo stesso tempo un imprenditore di sé stesso dovrebbe cercare altrove la via da seguire, per due grossi motivi. Per prima cosa, perché chi non ha le caratteristiche giuste ha ottime probabilità di andare incontro ad un insuccesso. Ma non è tutto qui: non avendo le peculiarità necessarie si potrebbe comunque combinare qualcosa di buono, ma con grande fatica, con ansie continue, con uno stress crescente e via dicendo. E questo è un peccato, perché l’obiettivo di ognuno dovrebbe essere duplice: andare verso il successo e – nel frattempo – vivere in modo sereno la propria vita professionale.

Voglio quindi presentare qui le domande che tutti quanti dovrebbero farsi – con assoluta trasparenza e sincerità – prima di compiere questo grande passo: molti consulenti che hanno fallito o che stanno vivendo male questa parte della loro vita vorrebbero con tutto il cuore tornare indietro al momento X per dare risposta a tali quesiti e agire di conseguenza, te lo posso assicurare.

 

Hai le conoscenze e la credibilità necessarie per diventare un consulente solitario?

Come vedrai leggendo le prossime domande, la maggior parte dei quesiti per capire se puoi essere o meno un consulente solitario si concentra sul tuo mindset, sulle tue paure, sulle tue attitudini. Questa è invece una domanda di carattere quasi esclusivamente tecnico: hai le capacità e le conoscenze necessarie per diventare un consulente? Il consulente è infatti prima di tutto un esperto, qualcuno che sa tutto quello che deve sapere all’interno di un settore e, meglio ancora, di una particolare nicchia. Un grande esperto di marketing, un grande esperto di finanza o di modelli organizzativi: ecco, questi possono diventare dei consulenti, a patto di trovare il loro posto – per l’appunto, la loro nicchia – in cui operare, in cui mettere a frutto le proprie competenze e le loro conoscenze. Queste ti servono prima di tutto per offrire delle soluzioni di alto valore ai tuoi clienti, e in secondo luogo, parallelamente, per risultare credibile ai loro occhi. E anche questo è essenziale: un consulente poco o per nulla credibile farà una fatica enorme a trovare i progetti necessari per sopravvivere. Senti di non avere le competenze necessarie? Allora studia, fai esperienza, cresci: se il tuo obiettivo sarà ancora quello di diventare un consulente solitario, torna su questa pagina, e rispondi alle altre domande!

 

Ti trovi a tuo agio nell’abbandonare regolarmente la tua comfort zone?

Chi vuole diventare consulente, per le ragioni viste sopra, ha tendenzialmente una certe esperienza nel proprio settore. Questo vuol dire che in linea teorica ha già lavorato in qualche tipo di realtà aziendale, e che sa quanto ci si “abitua” a operare in un posto di lavoro ben definito. Dapprima, quando si viene assunti è tutto nuovo, ci sono tantissime domande, tantissimi dubbi. Poi pian piano si capiscono i propri compiti, si imparano i metodi, si comprendono le gerarchie, si apprende via via sempre di più sull’azienda, sui colleghi, sui clienti. Quel posto diventa una seconda casa, dove ci si sente via via sempre più a proprio agio (eccezion fatta per certi casi meno fortunati), costruendo la propria comfort zone. Ecco, diventare un consulente solitario vuol dire rinunciare in buona parte a questa sensazione. Un po’ perché quella comfort zone a cui ci si era abituati verrà cancellata del tutto; un po’ perché a ogni nuovo progetto si inizierà praticamente tutto daccapo, con nuovi riferimenti, nuovi obiettivi, nuove persone, nuove sfide, nuove criticità, e via dicendo. Molto spesso, diventa impossibile costruire una vera e propria comfort zone prima della fine di un progetto, così da ritrovarsi sempre in movimento. Questa idea giustamente spaventa molte persone, mentre per altre rappresenta un buono stimolo. Tu che ne pensi?

 

Hai paura di promuovere la tua figura professionale? Ti piace l’idea di lavorare al tuo personal branding?

Diventare un consulente solitario vuol dire di fatto dare vita a un’impresa. Lasciamo perdere le formule giuridiche, i codice Ateco, i regimi fiscali e via dicendo: come consulente sei un imprenditore, e dipendi solo da te stesso. E certo ci sono grandi e oggettivi vantaggi, dalla gestione del proprio tempo in poi. Ma questo vuol dire anche che la tua impresa deve essere promossa, e che non c’è nessun altro oltre a te che possa farlo. Questo vuol dire dedicare tempo, energie e soldi in questa attività, ma anche e soprattutto essere disposti a promuovere il proprio personal brand. E ci sono persone che non sono affatto disposte a farlo, professionisti magari capacissimi ed esperti, ma che non hanno nessuna intenzione di mettere in mostra le proprie competenze, i propri traguardi, e via dicendo. Ecco, chi parte con la certezza di non voler investire abbastanza nel proprio personal branding inizia certamente in svantaggio.

 

Vai d’accordo con le scadenze?

Non voglio sicuramente dire che solo un consulente ha a che fare con delle deadline. Certo che no. Tutti hanno a che fare con scadenze, con delle consegne da fare entro un certo giorno o una certa ora. Ma quando si è da soli, il rapporto con le deadline muta. Perché queste non vengono imposte dall’alto, prima di tutto, vengono imposte da te, in base ai tuoi ragionamenti, ai tuoi programmi, alle tue ipotesi e alle promesse che tu hai scelto di fare ai tuoi clienti. E sono tendenzialmente poche, perché ci sono solitamente meno attori in gioco, ma anche più rigide, perché non ci sono nuove priorità, cambi ai vertici e quant’altro. Questo vuol dire che un consulente deve essere prima di tutto in grado di fissare delle scadenze in modo ragionato, e in secondo luogo deve essere in grado di rispettarle, pur sapendo che non c’è nessun controllore, manager o datore di lavoro che ci sta obbligando a farlo. I procrastinatori seriali devono cambiare diametralmente approccio al lavoro per avere la speranza di diventare buoni consulenti solitari.

 

Come giudichi le tue doti da venditore?

Eh sì, non ci sono dubbi. Nel momento in cui si sceglie di diventare un consulente solitario, si decide di indossare le vesti dell’imprenditore, del promotore, dell’amministratore e sì, anche del venditore. Non ci sarà nessun altro disposto a vendere le tue consulenze, i tuoi servizi e le tue competenze: dovrai essere tu a vendere. Questo vuol dire essere in grado di dare un prezzo ai propri servizi, essere in grado di presentare al meglio la propria consulenza, essere capaci di contrattare quando necessario, di dire di no di fronte a delle offerte umilianti o quasi, di rincorrere chi ritarda settimane o mesi nel pagare, e via dicendo.

 

L’idea di non avere – e di non poter avere – una visione a lungo termine ti spaventa?

Siamo in un mondo di precari, viviamo in un’epoca in cui il contratto a tempo indeterminato è una rarità, e in fin dei conti molte persone sono felici di cambiare più o meno regolarmente lavoro. Quindi ecco, sono tantissime le persone che non hanno una reale visione a lungo termine della propria vita professionale – e di conseguenza, almeno in parte, di quella privata. Ma è certamente vero che il consulente che si mette in proprio deve mettere una grossa e definitiva pietra sopra a questo aspetto: si lavora di progetto in progetto, sapendo che ogni lavoro può durare settimane o mesi, ma che prima o poi ha una fine. Ecco che allora sarà poi necessario trovare altri progetti, convivendo almeno un po’ con l’incertezza, nella consapevolezza che potrebbero pararsi davanti settimane o mesi di flessione, magari appena dopo dei mesi in cui si è persino arrivati a rifiutare diversi lavori. Nessuno è del tutto preparato a vivere in questo modo, e quasi tutti devono fare degli sforzi per abituarcisi. È però certo che tante persone non sono in nessun modo disposte a vivere in questo modo. Meglio ragionare su questo aspetto prima che sia troppo tardi.

 

Sai importi dei limiti?

E infine è necessario domandarsi se si è in grado di porsi dei limiti. Essere dei consulenti solitari vuol dire spronarsi per crescere, per fare di più. Ma significa anche sapersi fermare, capire quando è abbastanza o meglio, quando è troppo. In tutti i sensi: ci sono tanti professionisti che, magari per una irresistibile foga di crescere, per delle politiche di pricing sbagliate o per altri errori, si trovano a lavorare troppo, trascurando del tutto il tempo libero, la famiglia o il riposo. E questo alla lunga non fa bene né alla vita professionale, né alla vita privata. E tu, sai importi dei limiti?

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