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Si suppone che un consulente di marketing sia in grado di vendere in modo efficace i propri servizi. Del resto è proprio questo il significato del termine “marketing”, che ci arriva dall’inglese “to market”, ovvero “immettere sul mercato”. Un consulente di marketing aiuta i propri clienti – tendenzialmente delle imprese – a individuare i bisogni e le peculiarità dei potenziali clienti e, in base agli obiettivi prefissati, a stabilire le azioni più efficaci per arrivare alla vendita, con un beneficio reciproco di venditore e acquirente. E, ovviamente, del consulente stesso.

Insomma, un esperto di marketing non dovrebbe avere alcun problema nel vendere i propri servizi di consulenza. In caso contrario avremmo a che fare con un consulente dalle capacità ridotte. Ma è davvero così? Il fatto che un consulente di marketing abbia delle difficoltà nel trovare nuovi clienti è davvero e senza dubbi una prova del fatto che lui non sia esperto quanto dice di essere, e che dunque sia giustamente a corto di progetti? Non proprio, non del tutto.

Questo perché quel consulente di marketing potrebbe essere effettivamente un grande esperto nel mondo B2C. Potrebbe aiutare un ristorante, una palestra, un’enoteca o una libreria a fare faville, conoscendo tutte le migliori tecniche per attirare il consumatore e per spingerlo all’acquisto. Ma attenzione: vendere a un consumatore non è affatto come vendere a un’azienda. E, per l’appunto, il consulente di marketing che propone i propri servizi di consulting non guarda al consumatore, no, guarda all’azienda, e deve quindi ragionare all’interno del mondo B2B, che è molto, molto, molto differente rispetto al mondo B2C.

Chi parla con il consumatore ha nella maggior parte dei casi a che fare con una persona che tende a fare degli acquisti di pancia, con un processo razionale ridotto, che non può e non vuole dedicare troppo tempo a ogni singola decisione di acquisto. Di contro, chi parla a un imprenditore, a un executive o a un dirigente ha che fare con un professionista che vuole vedere un ritorno del proprio investimento, che spesso deve rendere conto ad altri delle proprie azioni, che sottoporrà la decisione di effettuare l’acquisto all’opinione dei colleghi e via dicendo. Va poi detto che il consulente vende delle expertise, laddove invece i suoi clienti vendono di volta in volta, di solito, pizze, spazi per il fitness, vini, libri e via dicendo.

Questo significa che da una parte ci sono tutte le competenze che possono essere usate per aiutare il proprio cliente a vendere di più; dall’altra ci sono invece tutte le competenze che devono essere usate per vendere i propri servizi a quegli stessi clienti, competenze che sono in larghissima parte diverse e distinte.

Quando dall’altra parte c’è un’azienda, il marketing pensato per la massa, e la gran parte delle automatizzazioni e dei funnel, semplicemente non funzionano. Inviare un migliaio di email promozionali una uguale all’altra potrebbe funzionare nel campo B2C, mentre nel campo del B2B porterebbe a poco o a nulla: un dirigente difficilmente sceglierà un consulente che non conosce solo dopo aver ricevuto una email striminzita e asettica. Questo perché, prima di scegliere un consulente di marketing, un’azienda ha bisogno di conoscerlo, di gettare le basi di una relazione.

Quali sono quindi i punti chiave per riuscire a vendere i propri servizi di consulenza?

 

1 – Capire perfettamente le esigenze del cliente

Il primo punto chiave che voglio sottolineare per vendere i propri servizi di consulenza è quello di conoscere perfettamente le esigenze, gli obiettivi e i problemi dell’azienda alla quale si vogliono vendere le proprie expertise. E per farlo l’unico modo efficace è fare tante domande. Lo dico sempre: un consulente deve prima di tutto saper ascoltare. Lo so, non è facile, perché chi intraprende la strada della consulenza lo fa spesso perché sente di avere tanto da dire, da spiegare, da suggerire. Ma non si può dire, spiegare o suggerire nulla di buono a un’azienda che non si conosce alla perfezione. Ecco che allora nei colloqui preliminare con il cliente è necessario porre tante questioni: quali sono i risultati che si desiderano raggiungere? Quali problemi si vogliono risolvere? Cosa ha causato quei problemi? Cosa ha motivato l’azienda a trovare delle soluzioni ora? Cosa potrebbe accadere se non si trovasse una soluzione in tempo? Queste sono solamente alcune da porre, assieme ad altre domande aperte che possano incoraggiare il proprio contatto a raccontare in modo esteso le problematiche della propria realtà: il focus deve sempre essere quello di aiutare, non quello di vendere.

 

2 – Individuare il decision maker

Tra le domande che il consulente dovrebbe porre prima di subito c’è anche quella relativa al processo decisionale in azienda: chi è coinvolto in questo processo? Imparare a capire in fretta chi prende le decisioni è fondamentale, anche e soprattutto per non perdere tempo nel proporre e spiegare dei servizi a chi non ha il potere di acquistarlo. Nel tempo peraltro individuare il decision maker diventa più semplice, conoscendo sempre meglio la struttura delle aziende nella propria nicchia di riferimento.

 

3 – Non avere paura di rinunciare

Sopra si è detto che “il focus deve sempre essere quello di aiutare, non quello di vendere”. E non lo dico così, perché fa figo. Capita, dopo i primissimi incontri, di capire che non si può dare il proprio meglio per il successo di un progetto. Perché quello si rivela per essere un cliente che non corrisponde al proprio cliente ideale da tanti punti di vista, perché non sembra disposto a seguire i consigli che verranno dati, perché non si hanno le competenze necessarie per aiutarlo davvero, perché si presentano dei problemi che hanno bisogno di altre expertise, e via dicendo. In questi casi è molto meglio rinunciare, e passare eventualmente il cliente a un collega che abbia le competenze, gli strumenti o l’esperienza giusta per offrire una consulenza di qualità.

 

4 – Dare priorità ai clienti ideali

Ho accennato al cliente ideale. Non dovrebbe essere troppo difficile, per un consulente avviato, individuare con una certa dovizia di dettagli chi è il cliente perfetto da inseguire. Tutti dovremmo avere una nicchia di riferimento, non troppo grande – per non essere solo un consulente fra tanti – e non troppo piccola – per non ritrovarsi con un pubblico di clienti potenziali troppo ridotto. Ecco allora che, oltre a guardare le proprie competenze e le proprie passioni, sarà utile guardare anche al proprio portfolio: cosa hanno in comune i migliori clienti per i quali si è lavorato in passato? Di quali dimensioni stiamo parlando? Fanno parte dello stesso settore? Presentavano dei problemi o degli obiettivi comuni? In che modo sono stati convinti ad accettare la collaborazione?

 

5 – Dal valore il prezzo

Spesso a rendere difficoltosa la vita del consulente è la definizione del prezzo. Di più: un preventivo sbagliato può compromettere l’avvio di un progetto. Si pensa sempre che a mandare a monte una collaborazione possa essere un prezzo troppo alto, ma è vero anche il contrario. Nel definire un prezzo è sempre bene pensare, oltre al carico di lavoro richiesto, anche al valore che si potrà assicurare al cliente. Quanto costerebbe all’azienda cliente non trovare delle soluzioni ai propri problemi? Ecco, nel definire il proprio prezzo è sempre bene partire anche dal ROI che l’azienda potrebbe avere collaborando con te.

 

6 – La riprova sociale

Come sanno tutti gli esperti di marketing con delle pur flebili conoscenze in campo di neuromarketing, il principio della riprova sociale – quella che gli inglesi chiamano social proof – è fondamentale nel campo del B2C. Ma lo è anche nel campo del B2B. È quindi importante avere la certezza che i potenziali clienti abbiano a disposizione la possibilità di conoscere il valore che hai già assicurato ad altri clienti. Un consulente non vende prodotti fisici, non possono essere fatti dei test prima di procedere all’acquisto: da qui l’importanza del passaparola innescato dai vecchi clienti, dei testimonial sul proprio sito web, delle recensioni positive, dei casi studio e via dicendo. Grazie a questi elementi sarà molto più facile costruire un rapporto di fiducia con il potenziale cliente.

 

7 – Creare un messaggio forte

Sul tuo sito web, nelle email, nelle telefonate ai potenziali clienti, è sempre importante avere un messaggio efficace, un sales script convincente, coerente e mirato. Come deve essere? Deve riassumere le tue competenze e il valore che puoi assicurare al cliente, deve incuriosire, deve individuare i problemi che puoi risolvere, e deve evidenziare i tuoi punti di forza, per permetterti di distinguerti da tutti gli altri consulenti presenti. È da questo messaggio iniziale che possono nascere tutte le future conversazioni che ti porteranno a conquistare i nuovi e ideali clienti che stai cercando.

 

8 – Pensare al futuro

Quella che hai intrapreso non è un’avventura breve. No, chi diventa consulente di marketing, e chi lo fa in proprio, vuole costruire qualcosa di durevole nel tempo. Ecco allora che pensare unicamente al presente può essere dannoso: non limitarti a cercare clienti per oggi e domani, ma coltiva un pubblico a cui vendere i tuoi servizi nel tempo. Questo significa dare valore ai clienti già conquistati, sapendo che “mantenere” un cliente costa meno che trovarne uno nuovo. Ma significa anche impegnarsi sempre ad ampliare il proprio network, raggiungendo aziende che potrebbero avere bisogno del tuo aiuto e dei tuoi servizi non oggi, ma in futuro.

 

Il fine di ogni contatto non deve essere quello di vendere, ma quello di aiutare. Perché la vendita, per l’appunto, arriva dopo.

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