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E pensare che lì fuori ci sono tante brave persone che hanno deciso di diventare dei consulenti di marketing perché, tra le altre cose, erano stufe di dover lavorare ogni giorno con un team di colleghi e superiori tra mille incomprensioni, tensioni, conflitti e via dicendo. Per poi capire poco tempo dopo che, purtroppo, anche chi lavora come esterno, e che dunque offre il proprio servizio di consulenza in outsourcing, si trova regolarmente a gestire dei conflitti, e a esserne non di rado al centro.

Il fatto è che, quando un’azienda piccola o grande decide di contattare un consulente di marketing, lo fa per risolvere un problema. Di più: un problema abbastanza grosso e importante da spingere l’azienda a spendere dei soldi per pagare una risorsa esterna. Ecco che allora, da questo punto di vista, non si può guardare al consulente trascurando il fatto che, lì dove ne è presente uno, c’è anche come minimo un problema. Un’azienda che vende troppo poco, che non riesce a promuovere bene i propri prodotti, che non riesce a mettere in campo il cambio d’immagine desiderato, e via dicendo.

Come è noto, lì dove c’è un problema, i conflitti sono sempre dietro l’angolo. Perché davanti a un problema le persone vogliono una cosa sola: una soluzione, perfetta, veloce e meglio ancora se economica. E i conflitti sono tanto più probabili poiché, nell’affrontare i progetti per i quali viene contattato, un consulente si trova spesso a lavorare con una pluralità di persone, chiamate di volta in volta ad accettare e a mettere in pratica quanto consigliato dal consulente stesso.

Di fatto, si può parlare di conflitto tutte le volte in cui si presentano due fattori: ci deve essere un problema; ci devono essere più persone che non sono d’accordo sul modo in cui questo problema andrebbe affrontato. La probabilità di dover gestire dei conflitti piccoli o grandi cresce insieme alla difficoltà del problema da risolvere nonché di pari passo al numero di persone coinvolte. Di più: i conflitti diventano ancora più probabili quando nel suddetto gruppo non c’è una chiarissima gerarchia.

Fin qui abbiamo parlato dei conflitti, ed è tempo di parlare della loro soluzione. Ebbene, la gestione dei conflitti altro non è che l’insieme delle azioni messe in campo per risolvere gli attriti esistenti tra più persone intorno ad un determinato problema. E di certo un buon consulente, oltre ad essere un vero esperto nel suo campo, oltre ad essere un buon ascoltatore, oltre ad essere un buon imprenditore, deve anche vantare una buona – se non ottima – capacità di gestire i conflitti.

Va peraltro sottolineato il fatto che spesso si pensa di essere di fronte ad un conflitto anche quando non ne esiste veramente uno. Non di rado infatti ci si trova davanti a una più semplice – ma comunque pericolosa se non sbrogliata in fretta – incomprensione. Può capitare infatti che, nel corso di un progetto, ad un certo punto le cose inizino ad andare storte con un collaboratore, con un responsabile dell’azienda cliente o con un’altra persona coinvolta. Tipicamente in questi casi la produttività si riduce, il progetto rallenta o persino si ferma, ci sono alcuni giri di email strane, e alla fine si decide di far arrivare i nodi al pettine, con un incontro dedicato in modo più o meno esplicito alla risoluzione del problema: in questa occasione si capisce però spesso che in realtà non si tratta di un vero e proprio conflitto, quanto invece di un’incomprensione relativa di volta in volta agli obiettivi, al budget, a un termine usato in modo improprio, a una lacuna, a un file non visto, al retro di un foglio non letto, a un’email importante finita in spam e via dicendo.

La prima cosa che un consulente dovrebbe fare per imparare a gestire in modo efficace i conflitti dovrebbe quindi essere questa: imparare a distinguere i conflitti dalle tensioni che potrebbero essere causate da interpretazioni differenti.

Detto questo, quando si è quasi sicuri di essere di fronte a un conflitto da risolvere, è bene sapere che ci possono essere tante differenti vie di uscita:

  • D’istinto si potrebbe essere portati a persuadere l’altra parte – o le altre parti – della bontà della propria idea o della propria visione. Talvolta però questa via è tutt’altro che semplice, e non è per nulla detto che si tratti della direzione migliore da prendere.
  • Altre volte ancora il conflitto si genera tra il consulente e una persona che, all’interno del progetto, è esplicitamente a un livello gerarchico inferiore. In quel caso è bene analizzare la visione dell’interlocutore e, una volta certi della sua erroneità, decidere eventualmente di procedere d’autorità: si tratta di un metodo molto veloce, che però potrebbe rovinare un po’ i rapporti con quella persona.
  • O ancora, è possibile posticipare la risoluzione del conflitto a un futuro indefinito, quando il progetto avrà raggiunto un ulteriore step, o una fase più tranquilla; o si potrebbe magari chiamare in causa un terzo soggetto che dovrà ergersi ad arbitro per dare ragione all’uno oppure all’altro. Esiste poi ovviamente anche il compromesso tra le due visioni, il quale purtroppo non sempre è possibile, né sempre efficace.
  • Altre volte potrebbe persino essere ragionevole, su questioni di poco conto, optare per la resa, dandola “vinta” al proprio interlocutore per concentrare le proprie energie su tematiche più importanti. Potrebbe essere una buona idea, ma va detto che così facendo si potrebbe creare un precedente rischioso per il prosieguo del progetto.

L’importante, in ogni caso, è non trasformare mai la gestione dei conflitti in una competizione, nella quale è dato per scontato che alla fine uno dei due vincerà, e l’altro perderà. Non è e non può essere una gara.

Quindi il consulente deve essere in grado di individuare e riconoscere i conflitti, e deve sapere quali sono gli effettivi percorsi che possono essere intrapresi per risolverli. Ma come approcciarsi nel concreto nel gestire un qualsiasi conflitto con una o più persone, mirando sempre al bene del progetto e al suo successo?

Per prima cosa il consulente dovrebbe cercare di capire, a mente fredda, qual è la radice del conflitto. In quale momento, e per quale motivo le cose hanno preso quella deriva? Quali sono stati gli scambi che hanno portato alla nascita delle tensioni? Talvolta individuare l’origine del problema è semplice. Magari il consulente di marketing, analizzando la situazione dell’azienda, ha valutato in modo parzialmente negativo un’iniziativa portata avanti fino a quel punto dall’azienda stessa, irritando la persona che fino a quel momento aveva gestito – magari con tutto il proprio impegno – quella precisa iniziativa. Altre volte invece non è per nulla facile individuare il pomo della discordia. Siamo pur sempre umani, non macchine, e talvolta dietro a una certa animosità o contrarietà potrebbe esserci non un elemento del progetto, quanto invece qualcosa di esterno o di precedente. Forse un manager di quell’azienda ha una visione negativa dei consulenti in generale. O forse ha una malcelata vena misogina che lo porta a mettere i pali tra le ruote a una consulente, a prescindere dal suo operato, o magari non vuole proprio saperne di lavorare con un consulente con una barba più lunga della sua. In ogni caso, è bene capirlo per tempo, per agire di conseguenza.

Per fortuna nella maggior parte dei casi i conflitti nascono per via di elementi ben precisi. Il prezzo di un servizio, la scelta di uno strumento, le tempistiche di un progetto, la scelta di un collaboratore e via dicendo. Quando si ha la certezza di aver individuato l’origine del conflitto, si può procedere – insieme alle altre parti in gioco – alla valutazione delle alternative presenti. L’obiettivo in questo passaggio è individuare l’alternativa intorno alla quale c’è maggior assenso, per arrivare alla classica soluzione win-win. Nel migliore dei casi, si riuscirà ad arrivare in fondo a questo processo portando tutte le parti – siano queste due o più – a esprimere il proprio assenso alla soluzione messa in campo.

Certo, non sempre le cose sono così facili. Ecco allora che in situazioni simili si presenta in fondo al procedimento la possibilità, già vista sopra, della presa di posizione unilaterale.

Ma ci sono anche delle belle notizie. A livello di attitudini e di soft skills, infatti, il buon consulente dovrebbe essere già di per sé portato a gestire in modo efficace i conflitti. Perché? Semplice: perchè il buon risolutore di conflitti è prima di tutti un ottimo ascoltatore, e come abbiamo visto più volte proprio in queste pagine, l’ascolto critico è fondamentale per qualsiasi professionista che intende offrire un servizio di consulenza di alta qualità.

Non è tutto qui, per gestire i conflitti bisogna avere delle buone doti comunicative, riuscendo a far passare il messaggio giusto in modo chiaro per tutti gli interlocutori, anche nelle situazioni in cui le emozioni potrebbero giocare dei brutti scherzi. All’ascolto e alla capacità di comunicazione voglio aggiungere anche un pizzico di creatività, perché sì, certe volte la soluzione a uno scontro di questo tipo non la si deve trovare, la si deve creare praticamente da zero. Non ci sono dubbi: un consulente dovrebbe sempre affiancare al proprio bagaglio di competenze e di esperienze anche un po’ di creatività pronta all’uso, riuscendo a pensare fuori dagli schemi.

Non guasta, infine, un po’ di empatia. Ma questa si sa, è moneta alquanto rara. Eppure non ci sono dubbi, spesso e volentieri i conflitti sono guidati e alimentati dall’emozione, e per gestire in modo efficace questi conflitti – ricordandosi sempre e comunque che non è una competizione – sarebbe bene riuscire a capire quello che sta provando l’altro individuo. Può sembrare strano, ma è proprio così: a volte solo il fatto di riuscire a mettersi nei panni dell’altro e riconoscere la sua prospettiva è già di per sé sufficiente per lasciarsi alle spalle velocemente un conflitto, senza il bisogno che il tutto degeneri in uno scontro vero e proprio.

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