Il canale Telegram ufficiale di Alessandro Mazzù

‘Per accendere un fuoco ci vogliono due pietre focaie’. ‘Se si mettessero d’accordo, le formiche potrebbero spostare un elefante’. ‘Ogni lavoro può diventare leggero se fatto insieme’.

Queste sono solamente alcune delle frasi che vengono solitamente usate per sottolineare l’importanza del gioco di squadra, del fare team. E ce ne sarebbero a decine da citare. Prese singolarmente, di solito, queste frasi suonano molto bene. A leggerne parecchie tutte d’un fiato, però, possono portare a una sensazione tipica a quella dell’orticaria. O almeno, così succede a me quando mi imbatto nelle liste di frasi, di citazioni o di aforismi volti a stimolarci a migliorare in questo o in quell’altro aspetto.

Sul fatto che fare squadra sia estremamente importante, però, non ci sono davvero dubbi. Per questo in praticamente tutti i colloqui di lavoro si cerca di capire se il candidato in questione può essere effettivamente un team player, un buon membro di un’altrettanto buona squadra. Del resto, da un certo punto di vista, un’azienda è proprio questo: un insieme di persone che collaborano e si mettono in gioco per raggiungere un risultato comune.

Ecco che allora si sprecano gli strumenti e le attività per aumentare lo spirito di squadra all’interno delle aziende, aumentando l’affiatamento del team, migliorando il livello della comunicazione, mettendo in evidenza i punti di forza di ogni collaboratore, individuando il leader più capace e via dicendo. Le attività di team building si sprecano, dalle uscite outdoor alle escape room, dal volontariato fino alle sfide con i Lego.

WMF22 Alessandro Mazzu

Ma davvero pensiamo che il fare squadra sia qualcosa che può interessare solo il mondo delle aziende? Non si tratta forse di qualcosa che può risultare utile – o persino molto utile – anche nel caso di freelance, consulenti, lavoratori autonomi o liberi professionisti, o per microimprese che contano al proprio interno pochissimi collaboratori? Siamo convinti che il gioco di squadra possa essere utile solo per le aziende che hanno già dentro di sé una squadra?

In effetti qualcuno sembra pensarla proprio così. Questo pensiero mi è passato per la testa parecchie volte, sempre in modo troppo veloce per farci intorno una riflessione vera e propria. Ma qualche settimana fa, in occasione del WMF 2022 a questa cosa mi è capitato di pensarci più volte.

Il WMF è il più grande evento italiano che mira a essere un acceleratore di formazione, di cultura e di innovazione, e che ogni anno attira migliaia e migliaia di partecipanti (nel 2021 s’erano contate 24.000 presenze, e ls cifra aggiornata per l’edizione del 2022 dovrebbe essere 36.000). Quest’anno come negli anni precedenti sono stato speaker con due interventi: ho presentato il mio fighissimo libro sui podcast (che puoi acquistare qui: https://amzn.to/34egRKG) ed ho fatto uno speech sul podcast ‘perfetto’.

Sta di fatto che a questo appuntamento annuale si incontra una buona fetta degli esperti di marketing d’Italia. In questa occasione, proprio per fare squadra e per trarre davvero il meglio da questo Festival, io e altri amici abbiamo deciso di creare un gruppo su Telegram, aperto a tutti: speaker, espositori, organizzatori e partecipanti. Iscrizione assolutamente gratuita, massima libertà: l’obiettivo era semplicemente stare insieme in modo più semplice. Con un buon numero di persone ci siamo trovati lì prima dell’evento, e incontrati dal vivo partecipando ai tantissimi momenti formativi, abbiamo fatto un po’ di sano casino la sera e via dicendo: semplice, no? Abbiamo ascoltato, chiacchierato, riso, imparato, condiviso, mangiato e bevuto. Ecco, questa secondo me è la modalità migliore per partecipare a eventi di questo tipo.

 

Ma sai cosa ho notato, questa volta ancora più che in altre occasioni?

 

Che c’è sempre qualcuno che tende a starsene in disparte. E, lo sottolineo subito, non per timidezza. No, parlo di quelle persone che restano sulle loro, che non hanno nessuna intenzione di ‘mescolarsi troppo’ e che partecipano a eventi di questo tipo solo per dire, solo per mostrare, non certo per ascoltare o condividere. Il problema è che prendere parte a eventi come il Web Marketing Festival comportandosi in questo modo è come ordinare una pizza e mangiare solo il cornicione: è un po’ un peccato, ed è anche parecchio stupido. Personalmente ho passato tutti i giorni del Festival a stringere mani, a conoscere nuove persone, a fare selfie, dediche sui libri, a rinsaldare la conoscenza con altre. E no, non ho certo passato tutto il tempo a parlare di lavoro, anzi, per la maggior parte del tempo ho parlato e discusso di tutt’altro. Ma è proprio parlando del più e del meno che si creano amicizie, che si fanno nuove conoscenze, che si creano contatti. Ed è bello, nonché molto utile. E la dimostrazione dell’utilità di fare squadra in quei casi la si percepisce già durante gli eventi stessi. Penso ovviamente prima di tutto al mio intervento dedicato al podcasting: la sala era piena, un sacco di persone che hanno deciso di dedicare una mezz’ora del proprio tempo per sentirmi parlare di come realizzare un podcast che le persone abbiano voglia di ascoltare.

WMF22 Mazzu Alessandro

Alcune sale, nel caso di speaker un po’ meno propensi a fare gruppo, erano invece quasi completamente vuote, con una manciata di partecipanti. E non parlo di astri emergenti del panorama, non parlo di sconosciuti o di persone che non hanno alcun seguito: parlo di professionisti che si presentano anzi spesso come guru o come mezzi guru, che dalle proprie pagine social si atteggiano come IL punto di riferimento. E che però poi, in eventi di questo tipo, si trovano a parlare davanti a pubblici di un’esiguità imbarazzante.

Questo succede, ne sono assolutamente convinto, proprio per la loro incapacità o – per la loro non volontà – di fare squadra. Quelle persone che passano tutto l’evento parlando con i soliti 4 o 5 volti, che dall’inizio alla fine di un festival faranno sì e no la conoscenza di 5 nuove persone, molto difficilmente possono mirare a molto di più.

Solo il guru vero e proprio, solo l’esperto degli esperti, solo il personaggio davvero eccezionale, solo un alieno può pensare di riempire una sala rifiutandosi di socializzare prima e dopo. Chi si atteggia senza averne nessun motivo, invece, non può che scontrarsi con una realtà un po’ desolante. E questo accade quando ci si presenta come speaker, quando si pubblica un libro, quando si organizzano eventi: chi non fa squadra, al momento della verità, non può che restare solo.

Il lato umano, insomma, continua a fare la differenza.

Quella chiacchierata di qualche minuto fatta con una persona conosciuta pochi secondi prima, anche quella chiacchierata intorno a un tema totalmente estraneo a quello lavorativo, potrebbe portare un giorno a una collaborazione, a un nuovo progetto, a un passaparola virtuoso, a un evento… il professionista che si rende disponibile al networking nel mondo reale, senza limitarsi a collezionare contatti su LinkedIn e su Facebook, avrà sempre risultati migliori e più facili rispetto a chi si comporta in modo diverso.

Ecco allora che fare squadra è importante anche per chi in realtà non ha un team di riferimento, anche per chi è l’unico player all’interno del proprio business, anche per chi per fare del team building aziendale non potrebbe che giocare a solitario.

Fare squadra, per un libero professionista o per il gestore di business piccolissimo o semplicemente piccolo, dovrebbe essere un comandamento. Per trovare nuovi potenziali partner, per trovare nuovi potenziali clienti, per trovare nuovi potenziali fornitori. Ma anche per diventare più visibili, per fare in modo che altri parlino del tuo business, delle tue competenze e delle tue esperienze. E viceversa, per conoscere più persone, e quindi per avere maggiori probabilità di poter trovare il professionista giusto al momento giusto.

Non perdere mai l’occasione di fare squadra, soprattutto quando partecipi a eventi che sono praticamente pensati per quello scopo!

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