Il canale Telegram ufficiale di Alessandro Mazzù

Non realizzo locandine per concerti folk, né faccio fumetti. Non mi occupo di interior design, non saprei decidere quale divano possa esaltare al massimo grado il tuo ambiente living. Nonostante le apparenze, non sono nemmeno uno stilista, né un barbiere. No, non ho una grave crisi d’identità: voglio solo sottolineare che non faccio un lavoro che si può vedere o mostrare. Sono un consulente marketing. Me la tiro troppo se dico esplicitamente che il mio è un lavoro intellettuale? Forse un po’ sì, ma tant’è: non posso mettere il frutto del lavoro sotto un telo bianco e poi oplà, svelarlo tra gli applausi degli astanti. Non è possibile, perché il mio lavoro non si può vedere, e quindi non si può né mostrare né guardare.

E dire che per tutti questi anni ho dato tutto questo per assodato. Insomma, occupandomi di consulenza di marketing mi è sempre sembrato una cosa abbastanza ovvia. Eppure, mi sono dovuto ricredere: evidentemente qualcuno pensa che il mio lavoro possa essere messo in vetrina, e che anzi io possa portare in giro i miei lavori precedenti in un bel portfolio in pelle nera. Anzi, se esistesse, il mio portfolio dei lavori dovrebbe certamente essere giallo. Purtroppo, però, non è così, con il meravigliato stupore di alcuni. Proprio così: nelle ultime settimane mi è capitato ben due volte di sentirmi rivolgere la domanda «mi fai vedere qualche lavoro che hai fatto?». Occhio, non è stata la stessa persona che, in incontri diversi, ha ripetuto due volte lo stesso quesito. Un caso isolato non mi avrebbe lasciato particolarmente sgomento. No, parlo di due aziende differenti, di settori e persino regioni diverse, che mi hanno posto questa strampalata domanda. Alla prima volta ho pensato che quella domanda fosse frutto di una distrazione – clamorosa, certo, ma innocente. Al secondo giro, però, ho iniziato seriamente a pensare che ci sono persone che si muovono e parlano senza pensare, il che può certo andare bene per dei bambini che giocano sui materassini morbidi dell’asilo, ma non può assolutamente andare altrettanto bene per degli imprenditori.

Come si può domandare a un consulente di marketing strategico di mostrare dei lavori svolti precedentemente con altre aziende? Come è possibile che, dopo avere pronunciato alcune sillabe, le fauci di quella persona non si secchino totalmente per l’idiozia del quesito, se non del pensiero stesso che ne è alla base? 

Bene, cercherò di non agitarmi troppo nell’esposizione. Sta di fatto che non uno, ma due imprenditori hanno voluto che io mostrassi loro il lavoro fatto con qualche azienda precedente, meglio se dello stesso settore. Avrei potuto rispondere in mille modi diversi a questa richiesta, ma – entrambe le volte – mi sono cortesemente limitato all’enunciazione di tre motivi essenziali per i quali non posso e non potrò mai ‘mostrare’ i miei lavori ai miei potenziali nuovi clienti. Per mettere le mani avanti, per informare i colleghi di questa improvvisa piaga e per aiutarti a non scappare di fronte a un’eventuale domanda simile, ho deciso di riportare qui sotto la mia risposta.

 

1) Come ho già ricordato, il mio lavoro non si vede. Io non realizzo siti web, non disegno né scrivo brochure o depliant, e non costruisco nemmeno velieri in bottiglia. Non esiste un oggetto, un’immagine o un’infografica da spiatellare lì, nel bel mezzo di una conversazione, per spiegare ai miei clienti quello che ho fatto per altre aziende. 

 

2) Se proprio volessi dimostrare il mio lavoro a questi ‘curiosi’ imprenditori, non potrei fare altro che mostrare dei dati e dei numeri specifici, per i quali – guarda un po’ – ho però firmato un bell’accordo di non divulgazione. Questo significa, ovviamente, che nessuna di quelle informazioni potrà mai essere mostrata a chicchessia. Chi mai vorrebbe mai richiedere una consulenza a un professionista pronto a mostrare in giro i dati delle altre aziende, e quindi, probabilmente, pronto a fare lo stesso con i suoi stessi dati? E, ancora peggio, questi imprenditori mi hanno chiesto di mostrare dei dati di aziende dello stesso settore, e quindi potenzialmente concorrenti. Ma – dico io – come mai potresti fidarti di me, sapendo fin dall’inizio che, qualche mese dopo, potrei andare a spifferare preziose informazioni sul tuo business al tuo diretto e acerrimo concorrente?

 

3) Il terzo motivo non ha più a che fare con l’etica, quanto, nuovamente, con il tipo di consulenza che offro. Ecco, immaginiamo che io, venendo meno a qualsiasi etica, trasgredendo l’accordo di riservatezza e mettendo a serio repentaglio tutta la mia sudata carriera, mostri i dati dei lavori precedenti al cliente. Ma a che pro? Ipotizziamo che le informazioni siano effettivamente relative allo stesso settore del nuovo potenziale cliente. Sicuramente la localizzazione geografica, il budget investito, i competitors, il punto di partenza, la situazione del mercato e tanti altri fattori saranno differenti. Nessuna consulenza parte da un foglio bianco! Ogni caso è differente, e tutti i fattori, tutti insieme, non possono che portare a risultati diversi. 

 

Non ti nasconderò il fatto che le domande di questi imprenditori mi hanno preoccupato un bel po’. Mi hanno sconcertato per diversi motivi, ma mi hanno spaventato per un’unica grossa verità: chi pone una domanda simile non può che essere un ingenuo. E no, non si tratta solo di una distrazione, e nemmeno di una leggerezza da nulla. Porre una simile domanda e aspettarsi una risposta concreta vuol dire essere esposti a qualsiasi fregatura. Non è una questione di marketing o di digital, no, il problema è più profondo: qui manca l’abc dell’imprenditorialità.

Sì, perché chi chiede una cosa simile a un consulente di marketing strategico, di fatto, non ha nemmeno capito quale servizio vuole comprare. E, peggio ancora, si mette nella situazione di essere fregato da quei sedicenti consulenti che, a una domanda come questa, mostrano dei siti web, delle brochure o peggio ancora dei dati campati per aria, che nulla dicono o possono dire al potenziale cliente. 

Di nuovo, non è una questione di marketing: è una questione di intelligenza, la quale è alla base di qualsiasi progetto imprenditoriale. Perché sì, per sviluppare un business di successo serve un’idea, serve un budget e serve un tot di intelligenza spendibile. 

Share This