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Siamo nel 2022: direi che a questo punto, dati alla mano, dovremmo essere tutti convinti che il personal branding sia effettivamente prezioso per avere successo. Dirlo non è più una professione di fede, come poteva essere nel 2015, e non è più un’opinione supportata da fatti piuttosto chiari. Oggi, molto semplicemente, è un dato di fatto che il personal branding è prezioso, e lo è per chi è alla ricerca di un lavoro, lo è per chi desidera fare carriera, lo è per l’imprenditore, per il consulente, per il freelance e via dicendo. Non c’è più praticamente nessuno a scrivere libri, blog post o articoli volti a spiegare “perché fare personal branding”: ormai tutti sanno che fare personal branding è vantaggioso. Insomma, sul valore di avere un personal brand forte e riconoscibile non si discute più.

Certo, ci possono essere ancora delle persone convinte che, per loro, non sia necessario lavorare sul personal branding. Penso per esempio a quei dipendenti, ben inseriti nelle loro rispettive aziende, che se ne stanno bene dove sono, e che quindi non sentono nemmeno il bisogno di lavorare sul proprio marchio personale, nemmeno un po’. Si tratta però di un errore, perché una buona strategia di personal branding potrebbe essere molto utile per fare carriera interna, per attirare il favore dei colleghi, dei superiori o degli amministratori, per avere un’offerta per un miglior lavoro da un’azienda terza, e via dicendo. Da questo punto di vista si può perfino arrivare a dire che il personal branding è in buona parte una garanzia, una sorta di assicurazione: qualsiasi cosa accada, avere un buon marchio personale significa essere coperti.

Quindi sì, possiamo dire che tutti sanno che il personal branding è una buona cosa, giusta e utile. Ma non si tratta di una cosa urgente. Nella nostra mente infatti c’è una divisione piuttosto netta tra ciò che è urgente e ciò che invece non lo è per nulla. La revisione dell’auto che scade dopodomani è una cosa piuttosto urgente, non più rimandabile, o rimandabile per pochissimo. Cambiare la lampadina in soggiorno è qualcosa che va fatta, ma non è urgente, a meno che non aspettiamo ospiti. Rinnovare il proprio sito web che non viene aggiornato da anni sarebbe un’attività urgente, ma che viene comunque posticipata nel tempo. Pagare una multa con uno sconto del 30% entro 5 giorni dalla notifica è estremamente urgente se si è arrivati al 4° giorno. Insomma, nella nostra testa l’urgenza reale scatta davvero solamente quando ci sono dei termini precisi.

Il problema è che con il personal branding non c’è una data di scadenza, non c’è un momento oltre il quale è davvero troppo tardi. E per questo in tanti sanno che ci si dovrebbe impegnare su quel versante, ma semplicemente non lo fanno, o lo fanno poco e male, pur sapendo che – comportandosi in questo modo – stanno compromettendo grossi benefici sul medio e lungo termine. Ecco allora che ieri non ci si è concentrati sul personal branding perché c’era un meeting, oggi nemmeno perché si è perso tempo per portare l’auto a fare la revisione, e domani forse lo si farà, o forse no, o forse un po’, se avanzerà tempo dopo essere stati al negozio del fai da te a comprare una lampadina nuova.

 

Come fare quindi per smettere di posticipare, e per affrontare in modo serio e rigoroso il proprio personal branding? 

Una strategia che mi piace molto è stata proposta pochi giorni fa sulle pagine dalla Harvard Business Review da Dorie Clark (marketing strategist nella lista Top 50 business thinkers in the world by Thinkers50) e da Antonio Nieto-Rodriguez (autore dell’Harvard Business Review Project Management Handbook). Mettendo insieme le conoscenze della prima nel campo del personal branding e del secondo nel campo del project management, i due hanno sviluppato un framework efficace per affrontare il proprio personal branding, il quale si divide in 6 principi chiave volti a rendere probabile il successo dei tuoi sforzi di branding. Si tratta, insomma, di una strategia a prova di distrazioni, di posticipi e di frenesia professionale.

 

1. Individua il tuo scopo

Hai presente quei bambini che continuano a chiedere “perchè?” in loop, domandando il motivo di ogni cosa? Ecco, per costruire una buona strategia di personal branding, in modo razionale, potresti iniziare proprio con l’imitare quei bambini, con una successione di domande sul perché. Si inizia con la classica domanda alla base di un progetto da gestire: “perché sto affrontando questo progetto?”. Ecco, lo stesso si può fare per il personal branding: “perché sto affrontando la costruzione del mio personal brand?”. La risposta è diversa di volta in volta. Qualcuno potrebbe dire che lo fa “per diventare un punto di riferimento nel settore”, qualcun altro potrebbe dire che lo fa “per vedere riconosciute le proprie competenze”, e via dicendo.

Data questa risposta, si ripete il gioco, proprio come farebbe un bambino curioso. “Perché vuoi vedere riconosciute le tue competenze?” oppure “perché vuoi diventare un punto di riferimento?”. Qualsiasi sia la domanda, si porrà un’altro perché: in pochi giri dovresti trovare il reale motivo che sta alla base della tua strategia di personal branding, che dovrebbe essere abbastanza forte per sostenerti durante il progetto. Non trovi nessuno scopo potente? Allora non è il caso di iniziare il progetto: probabilmente lo lasceresti a metà strada, o ci metteresti troppo poco impegno.

 

2. Decidi quanto investire

Avviare un progetto vuol dire decidere un budget. Di solito si parla soprattutto di soldi, ma nel caso della costruzione del tuo personal branding si parla in realtà al 99% di tempo. Del tuo tempo. Ecco allora che dovresti capire fin da subito quanto tempo dare a questo peculiare progetto. Tutto dipende ovviamente dalle vie concrete che si percorreranno, e da quali obiettivi si vogliono inseguire: creare contenuti per un blog costa tempo, registrare un podcast costa tempo, creare social proof attraverso i social network costa tempo, partecipare ai seminari costa tempo, e vai dicendo. Dorie Clark afferma che in media ci vogliono tra i 2 e i 3 anni per ottenere un minimo di riconoscimento del proprio lavoro, e 5 anni per avere un riconoscimento significativo. Insomma, meglio sapere fin da subito che sarà necessario investire parecchio tempo.

 

3. Rendi chiari e individuabili i benefici

Ogni progetto deve avere degli obiettivi abbastanza chiari. Avere più clienti, avere progetti più importanti, avere una promozione, pubblicare un libro con una nota casa editrice, e via dicendo. Certo, come abbiamo visto, il tempo da investire in un progetto come quelli di sviluppo e gestione del personal brand può essere davvero parecchio, ma è importante avere ben chiare in testa quelle che sono le tappe che si dovranno affrontare nel tempo, e quali sono i segnali che dovranno dimostrare che si sta andando nella direzione giusta. Per raddrizzare il tiro, per monitorare i propri progressi, e perché no, per celebrare qualche piccola vittoria.

 

4. Individua tutte le parti interessate

Il personal branding, in quanto per l’appunto personale, è qualcosa che interessa direttamente e unicamente te stesso. Ma è davvero così? In realtà potrebbero esserci altri stakeholders, altre parti interessate a questo progetto. Il tuo pubblico, i tuoi potenziali clienti, i tuoi colleghi, i tuoi collaboratori e via dicendo. Individuare le parti interessate vuol dire quindi per esempio individuare anche il tuo pubblico, per capire a chi ti stai rivolgendo. Ma vuol dire anche pensare a quali persone potrebbe dare fastidio, se non gestito bene, il tuo progetto. Pensiamo per esempio al grosso cliente di un consulente, il quale potrebbe pensare che il proprio esperto di fiducia stia aumentando l’attività sui social network, che stia pubblicando un libro, che stia partecipando a un sacco di seminari e via dicendo: non starà forse rubando tempo alla collaborazione? O ancora, penso al datore di lavoro di un manager che vede il proprio dipendente lanciare un podcast, o collaborare sempre più assiduamente con dei magazine del settore: sta forse pensando di farsi un nome per lasciare l’azienda? Insomma, è molto meglio informare tutti gli stakeholders e specificare i propri obiettivi, per avere la certezza di avere il loro supporto.

 

5. Libera delle risorse

Visto che stiamo parlando di un progetto di personal branding, pur sempre di tempo stiamo discutendo. Ecco allora che, ancora prima di metterti al lavoro, dovresti avere la certezza di avere risorse a sufficienza, ovvero, tradotto in questo caso, tempo a sufficienza. Questo potrebbe significare tagliare un po’ di straordinari, oppure dire addio al calcetto, o posticipare il corso di inglese o di cucina per il prossimo anno. Le giornate non possono essere allungate: per avere più tempo non è possibile fare altro che eliminare alcune attività.

 

6. Metti a punto il tuo piano d’azione

L’ultimo dei 6 principi o passi individuati da Dorie Clark e da Antonio Nieto-Rodriguez consiste nello sviluppo del piano d’azione: quando e come prenderà corpo il tuo progetto di personal branding? Ebbene, come ben sanno i project manager esperti, all’inizio di un progetto si tende a essere piuttosto calmi e rilassati: la consegna, la fine, sembra ancora molto lontana. E per questo non c’è fretta, non c’è ansia. La situazione inizia a cambiare quando ci si avvicina alla metà del periodo ipotizzato, per ribaltarsi completamente verso la fine, quando tutti sono incasinati e presissimi nel tentativo di portare a termine in tempo tutte le attività.

Ecco allora che la chiave per gestire al meglio qualsiasi progetto – anche quello relativo al tuo personal brand – è quella di dividere il tutto in attività più piccole e più gestibili. Una buona abitudine può essere per esempio quella di fissare un numero di post sui social ogni settimana, come quella di fissare un giorno fisso e un orario in cui pubblicare il proprio blog post settimanale. Si potrebbe puntare anche a partecipare a un evento del settore almeno una volta all’anno, di comparire sulle riviste del settore una volta ogni 6 mesi, e via dicendo. In questo modo, mettendo delle scadenze e dividendo le attività in piccole task, sarà possibile avere sempre una buona panoramica sulla situazione reale del proprio progetto, e l’attività settimanale diventerà abitudinaria, naturale, sempre meno faticosa, rendendo la gestione del personal branding una parte normale della propria vita professionale.

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