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Il personal branding sta diventando più importante delle competenze, dell’esperienza, dell’effettiva capacità di un professionista di affrontare un’attività? Penso al libero professionista che lavora al proprio brand personale per trovare un maggior numero di clienti, per attirare progetti più importanti o per diventare il punto di riferimento all’interno di una nicchia ben precisa. Ma penso anche alla persona che è alla ricerca di un nuovo lavoro come dipendente e che quindi, per avere maggiori chance di ricevere un invito a un colloquio di lavoro da parte di un recruiter, si impegna per fornire un’immagine online più convincente e più completa.

Qualcuno potrebbe effettivamente domandarsi se tutto questo impegnarsi nello sviluppare il proprio brand personale possa andare a danno dell’effettiva meritocrazia. Non è che, forse, il cliente finirà con lo scegliere non il professionista – mettiamo un consulente – più capace e più adatto per quel progetto, quanto invece il professionista che è stato maggiormente bravo a sviluppare il proprio personal branding? E non è forse che, magari, il recruiter finirà per selezionare e perfino per assumere il candidato non più bravo, più competente e più adatto, quanto quello che ha saputo creare un brand personale più accattivante?

Tale quesito potrebbero porselo in molti. A partire da tutte quelle persone che, per un motivo o per l’altro, guardano un po’ con sospetto al concetto stesso di personal branding. Spesso questo scetticismo nei confronti delle strategie di personal branding nasce peraltro dalla cattiva comunicazione fatta da supposti esperti o guru che parlano del personal branding senza, in realtà, avere una reale esperienza in questo campo. Il problema è che non di rado questi stessi personaggi vendono corsi dedicati proprio a questo tema, riducendo il personal branding a delle pratiche di dubbia efficacia per aumentare i follower sui social network. E no, questo non è fare personal branding.

Al di là di questo, ho scelto di scrivere questo articolo proprio per chiarire che no, il personal branding non va a sostituire le competenze, né tanto meno a colmare la loro mancanza. Partiamo da un presupposto: un personal brand non si crea dal nulla. Tutti hanno un loro marchio, tutti hanno una serie di peculiarità – buone e cattive – che vanno a comporre il loro brand personale.

Il problema è che, se queste caratteristiche non vengono curate, limate e presentate bene, probabilmente si avrà a che fare con un brand di dubbia qualità, o perlomeno non efficace quanto potrebbe essere. Per avere più clienti, per guadagnare di più, per essere contattati per dei colloqui di lavoro, e via dicendo. Non lavorare al proprio personal branding, infatti, vuol dire non esistere. Possiamo cercare informazioni su Google su un certo candidato o su un certo consulente, possiamo chiedere ai suoi ex colleghi o ai suoi ex clienti cosa ne pensano, possiamo carpire delle informazioni sul suo sito web e via dicendo. Le informazioni si troveranno, ma non saranno sempre delle informazioni che ci aiuteranno a farci una buona impressione di quell’individuo.

Lavorare al personal branding vuol dire assicurarsi di fornire una buona immagine, di far risaltare agli occhi dell’osservatore – potenziale cliente, datore di lavoro, fornitore o partner – le peculiarità che dal nostro punto di vista meglio ci rappresentano.

E questo è un primo punto fondamentale: lavorare a un personal branding vuol dire lavorare su qualcosa che esiste già, senza creare nulla ex-novo.

Del resto, sarebbe strano il contrario. Di più: affideresti un lavoro o un incarico a una persona sul cui conto non trovi nulla online? Probabilmente no. E la stessa cosa vale anche per i recruiter, che considerano la mancanza di informazioni come una red flag da tenere ben bene in considerazione. Perché non trovo nulla su quel candidato? Cosa ha fatto finora? Ha qualcosa da nascondere?

Ma c’è un’altra cosa: la stessa presenza di un personal brand ben costruito può essere interpretata come un’abilità aggiuntiva. Proprio così, il personal branding potrebbe essere percepito come l’abilità di un individuo di controllare la propria narrazione, la propria immagine. E questo può essere valutato molto positivamente in qualsiasi contesto, anche all’infuori del mondo del marketing e della comunicazione.

No, il personal branding non sta diventando più importante delle competenze. Sarebbe un po’ come dire che il curriculum vitae è uno strumento che può ingannare i recruiter, perché un candidato bravo nell’usare le formattazioni di Office potrebbe risaltare più di un candidato non particolarmente dotato da quel punto di vista, ma con le stesse competenze e con la stessa esperienza. Ma non è forse quello ciò che i recruiter cercano? La capacità di un candidato di impegnarsi a fondo per trovare il lavoro giusto, la volontà di dedicare tempo ed energie per presentarsi al meglio al recruiter, l’entusiasmo nel curare perfettamente la propria presentazione?

Un discorso simile si può fare a proposito del personal branding. Un libero professionista che giorno dopo giorno sviluppa e mantiene un brand personale autentico e coerente non fa altro che comunicare al proprio pubblico di riferimento ciò che quello ha bisogno di sapere per fare, un domani, la scelta giusta circa il professionista da scegliere per un determinato progetto. Questo perché lavorare al personal brand non vuol dire gridare ai quattro venti di essere il migliore, no, vuol dire descrivere in modo efficace le proprie reali competenze, i propri autentici punti di forza, in modo da posizionarsi in modo chiaro in una determinata nicchia.

Fare personal branding non vuol dire barare, proprio perché un personal brand efficace riflette i valori e le capacità reali di una persona. Chi fa diversamente, promuovendo una figura professionale che in realtà non può essere o non riesce a incarnare, fa in realtà male a sé stesso, proprio perché nel campo del personal branding le bugie hanno davvero le gambe cortissime. Come resistere giorno dopo giorno nell’indossare una maschera sui social, con i clienti, nei meeting, nelle conferenze? Come essere coerenti in ogni uscita, in ogni post, se tutto è una finzione? Molto meglio vendersi fin da subito per quelli che si è, individuando piuttosto i propri punti di forza, per esaltarli.

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