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Come è la tipica struttura di un podcast? É dannatamente semplice, tanto semplice che di solito non ci si interroga nemmeno su come effettivamente si dovrebbe organizzare questo aspetto. Solitamente infatti si decide unicamente “ogni quanto” far uscire un episodio. E qui naturalmente la decisione viene presa in base alle proprie esigenze, ovvero tenendo in considerazione principalmente due fattori: quanto tempo si impiega per produrre un singolo episodio e quanto tempo si desidera dedicare alla produzione del podcast. Un podcaster che, tra preparazione, registrazione e promozione, dedica 5 ore a ogni episodio, e che decide di dedicare 5 ore alla settimana al proprio podcast, programma quindi solitamente di pubblicare un episodio alla settimana. Semplice, no?

E così la struttura del podcast diventa lineare, continua e ininterrotta, o quasi, settimana dopo settimana, mese dopo mese. Ma è davvero questa la forma ideale per un podcast? Prendendo in considerazione sia le esigenze effettive del podcaster che quelle del suo pubblico, la risposta è generalmente sì. Ma non sempre. Anzi, a guardar bene bene la cosa, si potrebbe persino pensare che il semplice fatto che praticamente tutti (o quasi) stiano organizzando dei podcast in questo modo sia una buona ragione per fare diversamente, anche solo per distinguersi dalla massa.

Ma qual è l’alternativa? L’alternativa è strutturare il tuo podcast in stagioni. Il che, per come siamo abituati nella vita quotidiana a usufruire di contenuti audiovisivi, non è assolutamente strano, anzi. Praticamente tutti ormai, attraverso canali come Netflix o la tradizionale televisione, siamo abituati a seguire delle serie che si strutturano in stagioni. Una normale produzione seriale televisiva propone quindi prima una stagione di n°X episodi, poi dopo una pausa più o meno lunga una seconda di n°X episodi, e via dicendo. Perché non adottare lo stesso approccio per il tuo podcast?

I vantaggi, come vedremo tra qualche paragrafo, non sono pochi. Certo, ci sono anche alcuni svantaggi, e quindi è bene prendere tutti i vari fattori in considerazione prima di procedere in questa direzione “meno battuta”. Prima di tutto è necessario pensare al tipo di podcast che si sta producendo, o che si sta progettando di produrre. Ci sono infatti podcast che si prestano perfettamente alla stagionalità, e altri podcast che invece non lo fanno affatto. Pensiamo per esempio a un podcast che segue i fatti politici o di attualità: ovviamente qui pensare ad una suddivisione in stagioni ha ben poco senso, per il semplice fatto che si sta seguendo un tema che prevede un continuum nel tempo, senza interruzioni, e senza effettivi cambi di argomento. In altri casi invece è quasi naturale pensare a una suddivisione in stagioni. Pensiamo per esempio a un podcast dedicato al mondo calcistico, e più nello specifico al campionato di serie A italiano: sarebbe in questo caso l’ideale far durare una stagione quanto l’effettivo campionato, così da produrre una stagione 2022/2023, una stagione 2023/2024 e via dicendo, con delle generose pause estive.

Ma la stagionalità può anche essere staccata dal fattore del tempo in senso stretto. Pensa a un podcast dedicato alla letteratura: una stagione potrebbe essere dedicata a Dante, un’altra a Petrarca, e via dicendo. O ancora, una stagione potrebbe essere dedicata alla letteratura inglese, l’altra a quella italiana, l’altra a quella tedesca. Una ai romanzi, un’altra alle poesie, un’altra ancora al teatro. Insomma, le stagioni possono essere costruite intorno a un tema predominante: un esperto di marketing potrebbe in tal senso dedicare una stagione al content marketing, un’altra al social media marketing, un’altra alla SEO, e via dicendo.

Ma come si organizza un podcast stagionale? Ebbene, a livello di organizzazione il lavoro si rivela più facile. Si parte infatti dall’individuazione di un tema a cui dedicare un’intera stagione: la letteratura russa, la cottura sottovuoto, la pesca in acqua dolce, il Risorgimento. L’importante è che il tema offra abbastanza “ciccia” per dare contenuti per una stagione intera. A questo punto ci si metterà al tavolo e, con carta e penna, si dividerà il topic in vari episodi. Nel caso del Risorgimento potremmo avere un primo episodio dedicato alle premesse, uno dedicato ai moti carbonari, un altro alle rivolte mazziniane, un altro ai moti del 1848 e via dicendo, per arrivare infine agli ultimi episodi che descriveranno la spedizione dei Mille, la Terza guerra d’indipendenza e le conseguenze dell’Unificazione. Insomma, una stagione di podcasting si struttura in modo piuttosto semplice, creando un calendario editoriale in modo molto più agevole rispetto a quanto accade solitamente con un podcast normale: il fatto di avere un tema preciso da approfondire e da completare toglie parecchia incertezza! Il bello è che una stagione può essere composta da un numero estremamente variabile di episodi: a determinare la lunghezza di una stagione è infatti la complessità dell’argomento da trattare e il livello di profondità che si vuole raggiungere. Ecco allora che ci potranno essere stagioni da 8-10 episodi e stagioni da 30 episodi.

Ho accennato prima ai vantaggi del creare dei podcast suddivisi in stagioni. Quali sono? Ebbene, prima di tutto, come abbiamo visto, la stesura del calendario editoriale diventa più semplice, per il semplice fatto che è il tema stesso ad aiutarci a delineare i vari episodi. In secondo luogo, si saprà sempre quello che si sta facendo, e in che punto ci si trova: essendo tutto chiaro fin dall’inizio, si saprà sempre dove si andrà a finire, si saprà sempre quando va detta quella cosa, senza il rischio di anticipare o rovinare la propria narrazione. A guadagnarci è poi anche il livello di motivazione nel continuare a produrre il podcast. Trovandosi lungo un percorso ben tracciato, non si avranno le tipiche perdite di entusiasmo del podcaster che, dopo una decina di episodi, è magari tentato di lasciar perdere.

Il grande vantaggio del registrare per stagioni è poi quello di potersi prendere legittimamente una pausa, senza avere l’impressione di “tradire” i propri ascoltatori. Proprio così: fin dall’inizio infatti è ben chiaro a tutti che quella narrazione arriverà a una fine, ed è anche noto il fatto che che, quando si arriverà all’ultimo episodio, il discorso sarà concluso. Questo è appagante e rassicurante, non trovi?

Il fatto di suddividere la propria produzione in stagioni dà peraltro la possibilità di migliorarsi in modo concreto e sostanziale tra una stagione e l’altra, in base alla risposta del pubblico. Non è mai bello infatti cambiare troppo tra un episodio e l’altro, quando si produce un normale podcast “settimanale”: il format, la durata degli episodi, lo stile di registrazione, la presenza di ospiti, tutto in quel caso deve essere il più possibile coerente e stabile. Nel caso di un podcast diviso in stagioni, invece, la coerenza deve essere mantenuta soprattutto all’interno della singola stagione, dando però la possibilità di fare cambiamenti importanti tra una stagione e l’altra.

Una stagione potrebbe per esempio essere fatta sempre con dei nuovi ospiti, un’altra in totale autonomia. Una stagione potrebbe essere fatta con una colonna sonora d’apertura, la successiva con un altro accompagnamento musicale. Una potrebbe essere pensata per pubblico molto ampio, l’altra potrebbe essere pensata per un pubblico più competente, e quindi potrebbe essere popolata da episodi che trattano temi più difficili in modo molto più approfondito e tecnico. I cambiamenti dovranno ovviamente essere fatti tenendo in considerazione le reazioni del pubblico nelle stagioni precedenti, per offrire via via un prodotto di maggiore qualità.

I vantaggi della stagionalità non sono peraltro esclusivamente dalla parte del podcaster. Anche gli ascoltatori possono avere dei vantaggi notevoli. Nel caso di podcast che insegnano qualcosa, infatti, poter affrontare delle stagioni tematiche con degli episodi uno propedeutico all’altro può essere senz’altro un aspetto positivo per il pubblico.

Nel caso di una suddivisione in stagioni, inoltre, per il pubblico sarà più facile trovare di volta in volta il preciso episodio ricercato (nel caso di un podcast di storia con delle stagioni dedicate all’antica Grecia, a Roma, al Medioevo e al Rinascimento sarà facilissimo trovare quel preciso episodio che si vuole ascoltare o riascoltare). E vogliamo sottolineare quanto maggiore può essere la voglia di ascoltare un argomento dopo l’altro nel momento in cui la narrazione è continua? Con le stagioni, di fatto, il binge listening diventa altamente probabile!

E poi… e poi ci sono anche degli svantaggi, per quanto piccoli, che è bene non trascurare. La stagionalità produce dei calendari editoriali piuttosto rigidi, dai quali non si può davvero scappare. Se decidi di dedicare una stagione all’e-mail marketing non puoi, al quarto episodio, scegliere improvvisamente di parlare di Facebook Ads. E questo, per gli spiriti liberi, può essere un inconveniente.

Il fatto di suddividere il proprio podcast in stagioni, inserendo quindi delle pause più o meno lunghe tra una stagione e l’altra, insinua inoltre nel podcaster la paura di perdere degli ascoltatori. Il motivo è semplice: un ascoltatore abituato ad ascoltare ogni stagione un nuovo episodio potrebbe ritrovarsi a dover cercare un altro podcaster da seguire dopo l’ultima puntata, per trovare magari un podcaster che gli piace ancora di più, tanto magari da rinunciare a seguire la prossima stagione.

Certo, è un rischio che non può essere trascurato. Ma in realtà questo pericolo esiste sempre, anche per chi fa uscire regolarmente un episodio tutte le settimane, senza nessuna pausa, nemmeno durante le feste natalizie, nemmeno ad agosto.

Che dici, la suddivisione del podcast in stagioni fa per te? Valuta i pro e i contro, e prendi la tua decisione!

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