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Se è da un pò che mi segui, saprai che ho un’idea fissa: la consulenza strategica marketing. Chiamala ossessione, se vuoi. Sono fermamente convinto che tutto ciò che facciamo in rete, debba essere organizzato secondo una logica funzionale al raggiungimento di obiettivi aziendali. Soprattutto se a farlo è un consulente marketing.

Il web non ammette improvvisazioni e la nostra presenza – sia come azienda sia come professionista – nel contesto digitale deve essere attentamente pianificata, in modo da garantire risultati realmente perseguibili in un arco di tempo limitato.

Ecco perché ti occorrerà una strategia. Con essa ragionerai individuando azioni successive da mettere in fila ma, soprattutto, obiettivi da raggiungere. I risultati dei nostri sforzi non saranno la buona volontà e l’impegno profusi, ma mete concrete, suscettibili di valutazioni oggettive e matematiche.

Gli obiettivi di una strategia, infatti, per essere considerati tali, dovranno essere specifici e non generici (come a dire: un obiettivo qualsiasi, no!) e poi misurabili, quantificabili grazie a misure certe e calcolabili.

In genere, per valutare l’andamento di una strategia, si utilizzano gli indicatori chiave di performance, indicati spesso con la sigla KPI. Per essere pratici, ecco un pò di esempi di KPI:

  • il totale delle vendite in un determinato periodo,
  • il numero delle pagine visualizzate in media a ogni visita su di un sito,
  • l’ammontare delle conversioni registrate in uno specifico periodo di tempo,
  • il numero di lead derivati da un’azione pubblicitaria e così via.

Esistono anche KPI che misurano la qualità, la popolarità e la reputazione delle nostre attività. Indici come questi sono molto importanti quando si parla di attività social, ma a loro ci arriveremo tra un pò.

Perché il ROI è così importante

ROI è una sigla che sta per Return On Investment, misura il ricavo, ciò che si è incassato a fronte di un determinato investimento. Il ROI, tra gli indicatori chiave di performance, è quello che ha una posizione di rilievo. Il suo punto di forza? La sinteticità! Ci mostra, con un colpo secco e senza indugi, quanto producono le nostre attività, digitali o meno che siano.

Se un’attività costa 1000 e ne fa incassare 1300, il suo ROI sarà 300. Al contrario, una che a fronte della stessa spesa me ne faccia incassare 800, sarà un’attività priva di ritorno economico e addirittura in perdita.

Il ROI può essere anche espresso in misura percentuale. Riprendiamo l’esempio di prima. A fronte di un’entrata di 1300, ricaveremo un utile di 300 che potremo dividere per l’investimento effettuato, avremo quindi: 300/1000 = 0,3%. Il che vuol dire che ogni euro investito ha portato un guadagno di 30 centesimi. E il sistema funziona anche nel valutare le perdite.

Ecco rappresentata la fantastica semplicità di questo parametro capace di tratteggiare, come pochi, l’efficacia di qualsiasi attività economica, da quella della multinazionale fino al negozio di paese. 

Molte attività promozionali, oggi, si svolgono sui social: le aziende necessitano di esserci per mostrare la propria personalità, distinguersi dagli altri, facendosi percepire nel modo più favorevole possibile.

Tutte queste attività costano denaro e comportano investimenti. Le domande che, allora, assumono sempre più rilevanza sono due: è possibile misurare la redditività degli investimenti nelle attività social? Le metriche valide per valutare settori come il commercio e l’industria, saranno poi applicabili ai social network? 

Alla prima domanda si risponde senza dubbio sì. È indispensabile valutare la redditività di qualsiasi attività sia posta in essere. Le attività sbagliate, che non hanno ritorno vanno riviste o escluse, a favore di altre che sappiano produrre risultati economici positivi. E quelle social non fanno differenza.

La seconda domanda richiede maggior cautela. I social non funzionano come altri settori dell’economia e la visibilità su questi canali non ha come fine l’immediata vendita. Su Facebook e Twitter, ad esempio, le aziende occupano uno spazio che serve a definire la loro identità agli occhi degli utenti. Il web, infatti, ospita lo zero moment of truth: il momento che, nel processo decisionale, ci porta ad affacciarci sui canali digitali per raccogliere informazioni su quel prodotto di cui stiamo valutando l’acquisto.

Il web è il posto in cui hanno peso le interazioni con gli utenti e le conversazioni, che così si sviluppano, servono a costruire l’autorevolezza del brand. Cose che, per loro stessa natura, non hanno una valutazione economica istantanea. Ma queste difficoltà sono in parte aggirabili e il ROI, anche sui social, si può calcolare. Vediamo come.

Il ROI nel social media marketing non è un ossimoro

Calcolare il ROI per le attività social non è un processo diretto, ma richiede una serie di passaggi intermedi. Senza fare ulteriori premesse, addentriamoci subito nella pratica. 

  1. Stabilisci obiettivi di conversione. Quali sono i motivi per i quali hai messo su una fanpage o un blog? Individua un’azione concreta da far compiere agli utenti: iscriversi a una newsletter, eseguire un ordine, scaricare un PDF, guardare un video. Tutte azioni misurabili.
  2. Traccia le conversioni. Come suggerisce il buon Neil Patel, ogni strumento utilizzato necessita che le conversioni vadano individuate in maniera specifica. Sui social esistono metriche proprie che, in un’ottica complessa come questa, non saranno solo di vanità. Per seguire le conversioni sui siti lo strumento perfetto è Google Analytics. In questa fase sarà importante capire come si muovono le persone che ti seguono, se passano dai social al sito, per esempio, e poi qual è il comportamento tenuto (se acquista o no). Questa fase di analisi ti permetterà di capire ciò che funziona e ciò che invece non funziona.
  3. Attribuisci un valore economico a ogni conversione. È qui che il gioco si fa complesso. Se ci sono vendite di mezzo, il tutto risulterà più facile, ma con azioni non economiche occorreranno considerazioni diverse. Mettiamo che qualcuno ti prometta 1000 nuovi iscritti alla tua newsletter o 100 nuovi lead qualificati. Quanto saresti disposto a pagare per qualcosa del genere? Ecco, ora potrai attribuire un valore economico a ogni nuovo contatto o indirizzo email entrato nel tuo database.
  4. È il momento dei report. Metti insieme i dati provenienti dai diversi canali, le conversioni e il valore generato o attribuito. Ciò produrrà un resoconto schematico fatto di numeri, dati oggettivi ai quali non potrai sfuggire sostenendo di aver avuto “impressioni diverse”. Un progetto digitale serio non può navigare a vista.
  5. Calcola i costi. Per calcolare il ROI ti serviranno anche i costi sostenuti. In questo computo entreranno le spese in ads, ad esempio, e le ore di lavoro.

Il ROI, ora, è sotto i tuoi occhi. Quanto stanno producendo le tue attività? I tuoi sforzi social sono remunerati o finiscono nel vuoto? Ci sono canali da cui derivano maggiori soddisfazioni e su cui, ritieni, sia meglio concentrarsi di più? Altri, magari, da lasciar perdere?

Per i Social non solo numeri!

Avere un indicatore chiaro e immediato con cui valutare le tue attività sui social network ti sarà utilissimo, ma non tutto quello che si fa su questi canali può essere ridotto in numeri.

I social, infatti, non nascono come canale di vendita diretto ma come luogo in cui si fa interazione, coinvolgimento (o engagement), stimolando conversazioni tra noi (azienda o professionista) e gli utenti e tra gli stessi utenti.

Il vantaggio competitivo dei nuovi media, ciò che li differenzia da quelli storici (come radio e tv), è rappresentato dal fatto che la comunicazione avviene da e verso l’azienda. Gli utenti hanno un ruolo attivo nel creare valore tramite i contenuti che condividono (pensa alle recensioni) e ai consigli che possono scambiarsi sotto i nostri post.

Per questo motivo, l’efficacia delle attività social va ancora valutata tramite i numeri, quelli dei like e commenti, o del traffico generato in direzione di un sito, ma non è tutto.

È in arrivo una nuova domanda per te. Se si conteggiassero solo i commenti, come potremmo comprendere l’umore delle conversazioni generate?

Gli utenti potrebbero utilizzare i nostri canali social per lamentarsi o mandarci a quel paese, sono pur sempre commenti, dopotutto, ma non di quelli che vorremmo ricevere.

Ciò vorrebbe ancora dire che abbiamo engagement, ma di segno negativo. I numeri, quindi, non sono tutto perché vanno anche interpretati, occorre comprendere l’umore dei commenti, il sentiment generato.

Concludo dicendoti che non tutto quello che facciamo sui social è meritevole di una valutazione economica nell’immediato. Tutto, però, è in grado di produrre valore nel tempo, se opportunamente gestito.

Prendi un utente col quale abbiamo scambiato una battuta o a cui abbiamo dato un suggerimento. Più tardi, si ricorderà di noi o della nostra azienda, dovendo acquistare un corso di formazione o un qualsiasi altro servizio.

Nel momento del bisogno ci siamo stati, gli abbiamo dato un’informazione utile a un suo scopo e questo gli ha permesso di valutarci come competenti, autorevoli e gentili. Perché, in seguito, dovrebbe preferire qualcun altro a noi?

Social e numeri non vanno del tutto d’accordo. Occorre analizzarli alla luce di un’ottica complessa e attenta alle sfumature, non credi?

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